Mt 2, 19-23
In quel tempo. Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino».
Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi.
Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».
Durante il viaggio di ritorno dall’Egitto, in Giuseppe sopraggiunge la paura di andare avanti, ma continua a fidarsi di Dio, obbediente e docile alla Sua volontà.
Spesso accade che la paura di essere sopraffatti, di essere esclusi, di non essere riconosciuti e stimati, ci paralizzino. La nostra percezione della realtà è sempre parziale e non poche volte inficiata dalla fragilità della condizione umana.
Anche attraverso l’angustia di Giuseppe passa la volontà di Dio, la sua storia, il suo progetto.
Giuseppe ci insegna così che avere fede in Dio comprende pure il credere che Egli può operare anche attraverso le nostre paure, le nostre fragilità, la nostra debolezza. E ci insegna che, in mezzo alle tempeste della vita, non dobbiamo temere di lasciare a Dio il timone della nostra barca, nella consapevolezza che la maggior parte dei suoi disegni si realizza attraverso e nonostante la nostra debolezza.
O Dio, vorrei tanto tenere le cose sotto controllo ed esser padrone del mio destino.
Pure so che tu dici: “Lascia che ti prenda per mano e ti conduca.
Accetta il mio amore e abbi fiducia che dove ti porterò
i desideri più profondi del tuo cuore saranno adempiuti”.
Signore, apri le mie mani per ricevere il tuo dono di amore.
(Henri J. M. Nouwen)
No comments yet. Be the first one to leave a thought.