Anche a settimane di distanza, ricordo in modo molto chiaro la piazza colorata e grintosa del 25 marzo, giornata di sciopero globale per il Clima. In quasi seicento città del Mondo, da New York a Kampala, sono state organizzate delle manifestazioni per gridare a gran voce la necessità di azioni concrete e urgenti per contrastare in modo decisivo la crisi climatica, una delle più grandi sfide del nostro secolo. Anche nella città di Monza noi attiviste e attivisti di Fridays for Future, con la preziosa collaborazione di tante altre associazioni e movimenti locali, abbiamo organizzato un corteo per le strade e le piazze della nostra città.
Il gesto che abbiamo fatto è stato molto importante: abbiamo deciso di privarci di un giorno di scuola, importante per la nostra crescita personale, per fare un vero esercizio di cittadinanza attiva e di democrazia. Ci sentiamo dire che i giovani oggi vivono la quotidianità in modo passivo e disinteressato, ma è da tempo che cerchiamo di riprenderci in mano il nostro presente. Ancora ci sentiamo dire che noi siamo il futuro, ma per prima cosa, secondo me, siamo il presente: siamo qui ed ora, per questo dobbiamo essere ascoltati e ascoltate e dobbiamo avere la possibilità di vivere in modo attivo e partecipe.
Ormai è da più di un anno che sono un’attivista del gruppo monzese di Fridays For Future e mi è capitato di sentire dire che alla crisi climatica e ambientale ci pensano gli adulti e che è loro compito prendere delle decisioni, che noi giovani, invece, dobbiamo pensare alla nostra istruzione, che non va tutto poi così male e che dobbiamo aspettare di diventare grandi per poter influire sul presente a livello politico e legislativo.
La risposta davanti a queste critiche è semplice.
Noi decidiamo di scioperare per il Clima perché non abbiamo scelta; lottiamo per il nostro presente, futuro e futuro dei nostri figli. Scioperiamo perché c’è ancora tempo per cambiare, ma il tempo è essenziale: prima agiamo, migliore sarà il nostro futuro condiviso. Hans-Otto Pörtner, uno dei coordinatori del secondo gruppo di lavoro dell’Ipcc (il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) ha affermato che
“Le evidenze scientifiche sono inequivocabili: i cambiamenti climatici sono una minaccia per l’umanità e per la salute del Pianeta, qualsiasi ulteriore ritardo nell’azione globale farà chiudere l’unica finestra di possibilità che abbiamo per garantirci un futuro vivibile”.
Lo slogan scelto in tutto il mondo per il global strike del 25 marzo è stato People not Profit. Tre parole che ci fanno comprendere come la crisi climatica sia profondamente collegata a un sistema economico che tende a valutare il profitto come più importante delle persone, dai lavoratori ai consumatori.
Siamo scesi nelle piazze, dunque, per chiedere di smettere di mettere a rischio il futuro e la vita di miliardi di persone per nutrire gli interessi di pochi. Non ci può, infatti, essere giustizia climatica senza giustizia sociale. La lotta ambientalista si fonda sull’intersezionalità delle lotte e il nostro sguardo deve essere ampio; siamo consapevoli di non poter pensare di combattere la crisi climatica senza garantire il rispetto dei diritti umani, civili e sociali.
Durante la manifestazione un’attenzione particolare è stata rivolta alle vittime della guerra in Ucraina e di tutte le guerre.
Spesso tendiamo erroneamente ad analizzare ogni avvenimento e ogni cosa in compartimenti divisi e questo ci porta, per esempio, a considerare la guerra e la giustizia climatica due argomenti separati, ma le connessioni tra queste due tematiche sono molteplici.
Infatti, provando a leggere la realtà con uno sguardo globale e olistico, non possiamo non vedere i legami tra guerra, clima, ambiente e giustizia sociale. Per esempio, i cambiamenti climatici provocano il collasso della coesione sociale e fanno aumentare i conflitti; molti di questi hanno proprio alla radice gli stessi presupposti della crisi climatica: un sistema economico basato sulla crescita infinita ma in un mondo finito e dalle risorse limitate. Durante lo scorso stike for Climate, dunque, le piazze e le strade si sono colorate anche di Pace, un valore fondamentale e necessario per il nostro movimento.
Vedere negli sguardi delle persone che sono scese in piazza con noi il desiderio di cambiamento è stato rigenerante e mi ha dato tanta fiducia.
Concludo con le parole che il Presidente della Repubblica Mattarella ha rivolto ai giovani durante il suo discorso di inizio anno lo scorso gennaio: “Non fermatevi, non scoraggiatevi, prendetevi il vostro futuro perché soltanto così lo donerete alla società“.
Gaia Sironi, 16anni
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