La bella notizia è che non esiste il teletrasporto. Vediamo se a fine lettura qualcuno è d’accordo con me.
Qualche giorno fa ero con alcuni amici fuori da un bar e la conversazione è approdata a un argomento che di certo molte persone hanno affrontato: quale superpotere vorresti avere, se fosse possibile? Le risposte sono state varie, nessuna particolarmente originale: qualcuno sogna di poter parlare tutte le lingue del mondo, qualcun altro di leggere nel pensiero, un altro di poter pulire casa con uno schiocco delle dita.
Uno di noi ha scelto invece il teletrasporto e da lì ha avuto origine una conversazione ben più articolata rispetto a quello che un semplice riempitivo di silenzio poteva far immaginare.
Ci siamo chiesti se le nostre vite sarebbero effettivamente migliori – e noi più felici – con il teletrasporto. Esistono da molti anni svariati strumenti che ci permettono di velocizzare enormemente quello che in passato richiedeva parecchio tempo: le auto al posto dei cavalli, le mail al posto delle lettere, i telefoni al posto dei segnali di fumo.
Più precisamente, la domanda a cui siamo arrivati è questa: con tutta la velocità che abbiamo ottenuto, cosa abbiamo guadagnato?
Abbiamo davvero vagonate di ore libere ogni giorno per dedicarci a noi stessi, agli altri, alle nostre passioni? Chiunque risponderebbe no, anche in tutta sincerità. Quindi cosa è accaduto al tempo risparmiato? Cosa è diventato?
C’è un altro esempio di tecnologia che ci ha fatto quasi sperimentare cosa vorrebbe dire avere il teletrasporto: le riunioni in videochiamata o – come dicono i milanesi – le call.
Prima della pandemia non erano così diffuse e molti di noi non ne avevano mai fatta una. Ora invece è un’abitudine comune, ed è altrettanto comune l’esperienza di aspettare persone in ritardo. Anche ad appuntamenti on-line, quando basta un click per essere nella stessa stanza virtuale, come se ci si fosse teletrasportati. O quelle persone sono incredibilmente pigre oppure hanno semplicemente riempito il tempo guadagnato con altro lavoro, altre attività, altra produttività.
Avverrebbe la stessa cosa con il teletrasporto e lo dice uno che per anni ha sognato di poter avere questo superpotere perché per anni – e tuttora – è arrivato in ritardo a svariati appuntamenti.
La bella notizia è questa: non è quello che fai o dove lo fai che dà senso alla tua esistenza, ma la qualità delle relazioni che vivi, qualsiasi cosa tu stia facendo. Un viaggio in treno o la coda in macchina possono essere faticosi e snervanti oppure – o nello stesso momento – possono essere momenti di conversazioni intime e meravigliose che non sarebbero esistite con il teletrasporto.
Si tratterebbe solo dell’ennesima invenzione che, con l’intento di farci risparmiare tempo, semplicemente riduce la necessità di relazionarsi con altri.
Qualcuno dei miei amici ha obiettato che sì, certo, visto in ottica quotidiana, il teletrasporto può non essere un vantaggio, ma potresti comunque viaggiare in luoghi esotici e selvaggi in un secondo, sfruttando il weekend o il pomeriggio dopo lavoro. Vero, ma credo solo che tutto diverrebbe una grande pianificazione di attività per poter avere il tempo di teletrasportarsi in India, sapendo che poi devi essere a casa entro le 4 perché hai un meeting con il capo e non puoi certo andarci in pantaloncini e infradito, tutto sudato.
Dal ricevere una bella notizia al praticarla e attuarla giorno dopo giorno ci sono di mezzo un paio di oceani. Ma non rimane una bella notizia l’inesistenza del teletrasporto?
Andrea
2 comments
Stefè
15/07/2023 at 11:20 am1) Desidero il teletrasporto quando sono in ritardo ed ho fatto tardi a casa, perdendo tempo prezioso che avrei potuto meglio organizzare. Mi capita quando ho qualcosa da fare che in realtà non desidero fare. Così, nel tentativo di rimandare/allontanare l’impegno sgradito, rimando i preparativi necessari per arrivare in tempo. Poi un sussulto di coscienza mi fa correre, per non essere in ritardo e… allora desidero il teletrasporto.
2) Ricordo sempre la frase del “Piccolo Principe”: se avessi 53 minuti da spendere, camminerei adagio verso una fontana.
P.
Emanuele
16/07/2023 at 7:31 amGrazie, Andrea, per questo spunto: la gestione e “ottimizzazione” del tempo spesso si riduce nel trovare spazio e tempo per fare altro e non tanto per la cura di noi stessi e degli altri, le relazioni, appunto. Ci serve un cambio di mentalità deciso, ma credo anche che l’intenso periodo della pandemia abbia aiutato qualcuno a fare chiarezza sulle priorità e su come meglio vivere il tempo a disposizione, con o senza teletrasporto. Il bilanciamento tra vita e lavoro con l’introduzione dello smart working è un esempio, ma non si riduce solo a questo.
Forse non servono superpoteri, se non quelli che ci accompagnano e incontrare gli altri per riscoprire noi stessi.