Ragionare con serenità di alberi è ardua impresa in questa estate caratterizzata da fenomeni estremi; epocali cataclismi al Nord, roventi temperature al Sud, ecc.. Purtroppo situazioni non eccezionali. Non più.
Nonostante evidenze sempre più costanti e convincenti, permangono però ancora resistenze culturali ma soprattutto derivanti da interessi economici, di una minoranza influente, a riconoscere in questi eventi catastrofici non qualcosa di straordinario, bensì qualcos’altro e più complesso che gli studiosi chiamano cambiamento climatico.
La soluzione drastica ed efficace sarebbe quella di spegnere, seduta stante, le centrali a carbone, smettere di estrarre petrolio e gas, ridurre il consumo di carne in modo draconiano, limitare l’uso degli autoveicoli, sopprimere il trasporto aereo, contenere quello marittimo, ecc, insomma modificare radicalmente il nostro modo di vita.
Ma parlare di decrescita è per tanti versi tutt’ora un insuperabile tabù. Non vogliamo però sottrarci al confronto e cercheremo di affrontare e approfondire l’importanza della questione in futuri contributi. Per ora circoscriviamo la “discussione” agli alberi.
Silenziosi esseri viventi che fanno del bene, appunto, in silenzio, senza disturbare nessuno, eppure nell’epoca dell’antropocene la frenesia dello sviluppo non li ha certo risparmiati, mancano infatti all’appello alcuni miliardi di esemplari. Da questa umana furia devastatrice di foreste primarie e non, si sono sottratti, a fatica, gli sparuti esemplari che vivevano e vivono, qualche volta stentatamente nelle nostre città.
Nondimeno, negli ultimi lustri, la consapevolezza che gli alberi potevano rendere le metropoli più gradevoli, vivibili e meno bollenti li ha promossi ed accettati come benefattori, per quanto spesso confinati in spazi marginali, come semplici elementi decorativi.
Ora, dopo venti di violenza inusitata per le nostre latitudini, grandine di dimensioni spropositate e i danni provocati dagli alberi abbattuti rovinosamente dalla furia degli elementi, ecco che di nuovo la loro presenza torna ad essere oggetto di discussione.
Alberi si, alberi anche no. Poco importa se sono stati maltrattati, capitozzati, danneggiati da scavi, da scellerate potature, se hanno contratto malattie non curate, se sono stati costretti a vivere tra cemento e asfalto, sofferto la sete e la canicola in luoghi inospitali. Insomma, bistrattati e tormentati, quindi sofferenti e indeboliti.
Ora, il predatore più letale del pianeta, l’homo sapiens, in taluni casi li accusa di essere pericolosi, pertanto da eliminare o di circoscrivere la loro presenza nelle aree urbane. Beh, se questo avverrà, non bisogna essere degli indovini per immaginare quel che diventeranno le città e in generale i centri abitati: luoghi poco consoni a condizione di vita qualitativamente accettabili.
Risulta quindi urgente e indispensabile incentivare e preparare i nostri Amministratori e tecnici comunali a programmare idonee modalità di inserimento e cura del verde urbano, così come i responsabili e gli operatori delle società che riceveranno in appalto gli incarichi per piantumare e manutenere gli alberi e gli arbusti che rendono più vivibili i nostri ambienti di residenza e lavoro. I giusti metodi e le buone pratiche sono da tempo perseguiti da Amministrazioni attente e responsabili. Occorre renderli di dominio comune.
L’Associazione Bosco dei 100 Frutti, con sede a Bareggio, si impegna nella tutela e nell’incremento della biodiversità tramite il lavoro sul campo (messa a dimora di alberi e arbusti) e attività educative e divulgative.
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