La bellezza è negli occhi di chi contempla

s. Giovanni Diego Cuauhtlatoatzin; s Siro

s. Giovanni Diego Cuauhtlatoatzin; s Siro

Matteo 21, 28-32

Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò.

 

Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?”.

 

 

Risposero: “Il primo”. E Gesù disse loro: “In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto.

 

Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli.

 

#criteridiDio #umiltà #dasoli #abbraccio 

In questo brano del Vangelo di Matteo, Gesù si rivolge ai capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo, quelli che secondo i criteri degli uomini erano i più retti, i più bravi, i più “degni del regno di Dio”.
Ma i criteri di Dio sono diversi da quelli degli uomini… Gesù li mette chiaramente in guardia: “i pubblicani e le prostitute vi passano davanti nel regno di Dio”.

Tutto questo cosa può dire a noi?

Innanzitutto, credo che ci sia un grande richiamo all’importanza dell’umiltà, di riconoscersi peccatori per concedersi all’abbraccio di Gesù. I capi dei sacerdoti e gli anziani si ritenevano talmente perfetti, che praticamente alla fine facevano da soli, scegliendo anche chi aveva il diritto o meno di essere degno del perdono del Signore.

Gesù ribalta questa visione, mettendo di nuovo al primo posto gli emarginati e coloro che, nonostante le loro fragilità, si affidano a Dio lasciandosi abbracciare dal suo perdono.

Noi ci lasciamo abbracciare dal perdono di Dio nonostante tutto? Riusciamo a fidarci di Lui, senza voler per forza salvare l’apparenza, consapevoli che Egli ci conosce nel profondo e che con Lui non abbiamo bisogno di fingere? Siamo in grado di mettere da parte l’orgoglio con la pretesa e la convinzione di potersela cavare sempre da soli?

Il primo figlio della parabola mette in gioco se stesso fin dall’inizio in modo sincero, non nascondendo le sue fragilità, così da mettersi completamente e sinceramente nelle mani del Signore. Noi abbiamo fede che il Signore ci ama al punto da abbracciarci anche se mostriamo le nostre fragilità? Entriamo in relazione vera con Lui. evitando di seguire solo delle regole che diventano vuote di incontro e cammino insieme?

Gesù insegna ancora una volta a guardare al povero e all’emarginato. Noi siamo attenti ad ascoltare i poveri e i sofferenti? Oppure mettiamo al primo posto un agire che pensiamo venga dall’obbedire a Dio ma che in realtà con Lui centra poco o nulla? Ci sentiamo parte di una comunità accogliente? Se no, cosa possiamo fare in prima persona per migliorarla?

Oh Signore, ti prego donami il coraggio di chiedere perdono,

l’umiltà di abbandonarmi al tuo abbraccio consapevole che non posso farcela da solo,

occhi attenti a chi ha bisogno della mia mano tesa. Amen.

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