Cosa ci fanno tre italiani e due australiani a Milano davanti a una cotoletta gigante? Questa è una Bella Notizia ed è la storia di una rete.
Nell’estate tra la terza e la quarta superiore (ora ho 32 anni), sono stato in Australia, a Geelong, per un mese, ospite di O. e R. Poi uno dei loro due figli, A., è venuto in Italia, a casa della mia famiglia per una settimana. Poi anche il secondo figlio ha partecipato a uno scambio con l’Italia e una sera è stato nostro ospite a cena. Poi O. e R. hanno fatto un viaggio in Europa e sono stati a casa nostra per due notti, occupando le giornate a visitare Lecco, Milano e Bergamo.
Poi sono tornati in Italia e ci siamo visti a Milano, per una pizza, scoprendo tra l’altro che un libro – di cui avevo curato la correzione mentre lavoravo in una casa editrice – era stato scritto da un loro cugino italiano e, quel libro, lo avevano ricevuto anche loro via posta. Poi, giusto martedì sera, O. e R. erano di nuovo in Italia, perché da maggio sono nuovamente in viaggio per l’Europa, e ci siamo dati appuntamento a Milano, ancora, questa volta a mangiare cotolette.
Questa è una Bella notizia ed è la storia di una rete.
Una rete che va ben oltre me, i miei genitori, O. e R., seduti al tavolo a raccontarci le nostre vite. Perché, nei racconti che ci siamo scambiati – me ne rendo conto adesso che sono appena tornato a casa – abbiamo parlato del mondo intero. O. e R., che sono di origine italiana, hanno visitato alcuni loro cugini in Calabria e a Latina. O. è riuscita a prendere contatti con alcuni famigliari del padre che vivono tra Trieste e la Slovenia, e si sono incontrati nelle scorse settimane.
La mattina della nostra cena a base di cotolette, O. e R. hanno ricevuto la visita di un’amica di Torino e, nei giorni seguenti, una lontana parente che vive a New York si sarebbe fermata a Milano per stare un po’ insieme a loro, prima di tornare in Calabria.
Nel frattempo, i miei genitori raccontavano del loro viaggio in Kenya nel ’98, fatto insieme a me e mio fratello (all’epoca 7 e 10 anni), per adottare nostra sorella N. In Kenya torneremo in agosto e sarà la prima volta in cui mia sorella rimetterà piede nella sua terra d’origine.
Mio padre è partito poi con il ricordo di T., un bambino croato che negli anni ’90, per un paio d’estati, è venuto in Italia per stare lontano da un contesto di guerra e ricostruzione. T. qualche anno fa ha ripreso i contatti con i miei genitori e in un paio di occasioni, facendo scalo a Orio (l’aeroporto di Bergamo) per viaggi di lavoro, ha scritto ai miei genitori per trascorrere un’ora assieme.
I miei genitori nel 2018 sono tornati in Croazia, a incontrare di nuovo la famiglia di T., e non riuscivano a pagare niente perché tutto gli veniva offerto prima che riuscissero a dire anche solo un «ma no, dai».
Questa è una Bella notizia ed è la storia di una rete vissuta e raccontata a tavola, in un ristorante di Milano.
Il mondo è stretto e tutti i fili sono tirati. Un’unica umanità. Anche se odiamo qualcuno nella nostra immaginazione, quando poi costui si incarna in un essere umano che sta lì davanti a noi, nel suo odore, nel suo dolore, diventa difficile continuare a odiarlo. L’odio è qualcosa che richiede una sintesi, un’approssimazione.
L’amore invece è fatto di dettagli, di pezzi di puzzle, di puzze e profumi. Questa è una Bella notizia ed è la storia della fraternità universale.
Andrea
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