Noli me Tangere, particolare della Maestà
Duccio di Buoninsegna
1308 – 1311
Tempera su tavola
Museo dell’Opera Metropolitana del Duomo di Siena
“Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro».” (Gv, 20, 17)
La tavoletta di legno è molto piccola, ma fa parte di un’opera monumentale: la Maestà realizzata da Duccio di Buoninsegna per la cattedrale di Siena. E’ una struttura complessa di circa quattro metri per cinque, composta da decine di pannelli: sulla parte frontale è raffigurata la Madonna in trono, circondata da angeli e Santi, sul retro invece, scorrono le storie della vita di Cristo con un’attenzione particolare agli episodi della Passione.
Molto spesso le opere trecentesche sono poco considerate, hanno poco “appeal” nelle grandi mostre che vanno di moda oggi. Tuttavia, hanno una carica culturale e religiosa potentissima. Gli artisti che le hanno prodotte hanno inventato l’arte “moderna”, hanno inventato un modo per parlare alle persone.
Il passaggio del Noli me tangere sembra dialogare perfettamente con il nostro tempo. Quante volte in questi mesi non ci siamo potuti avvicinare a qualcuno, quante volte avremmo voluto dare un abbraccio a un amico dopo tanto tempo e ci siamo dovuti trattenere. Oggi possiamo comprendere molto bene Maria di Màgdala.
Duccio costruisce la scena in modo molto semplice. La donna inginocchiata apre e tende le mani verso Gesù, che accenna con leggerezza un allontanamento. Ma, guardando bene, la scena è piena di dettagli importanti.
L’espressione di Maria è leggermente corrucciata, è incredula. È stata appena chiamata per nome da un uomo che pensava fosse morto. Duccio ha una capacità narrativa meravigliosa, ancora più straordinaria pensando che siamo agli albori dell’arte italiana propriamente detta. Solo pochi anni prima, Giotto, ad Assisi, inizia a stravolgere i canoni della rigida arte bizantina e Duccio è capace di accoglierne subito le novità. Le forme si ammorbidiscono, i volti si animano.
Anche la figura di Gesù riserva un dettaglio molto sottile: la sua veste ha delle lumeggiature dorate. Nelle scene precedenti, prima della sua morte in croce, non ci sono. Duccio trova questo elegante espediente per rendere visibile la condizione di uomo risorto, ormai vicino al divino, da sempre raffigurato con l’oro.
Infine il paesaggio. Anche questo elemento non è scontato. Le rocce aguzze danno volume alla scena, accompagnando il ritmo ascendente da sinistra a destra, i due alberi fanno da contrappunto alla figure umane. E qui c’è il particolare più bello: l’albero di sinistra è spoglio, la terra è brulla, mentre l’albero di destra porta frutto e, attorno a Gesù, fioriscono delle piccole piante. La natura rinasce dove passa il Risorto.
E Maria, anche se non può toccarlo, anche se non può abbracciarlo, ora sa che Cristo è di nuovo vivo, è con loro.
“Ecco il primo annuncio di Pasqua che vorrei consegnarvi: è possibile ricominciare sempre, perché c’è una vita nuova che Dio è capace di far ripartire in noi al di là di tutti i nostri fallimenti. Anche dalle macerie del nostro cuore Dio può costruire un’opera d’arte, anche dai frammenti rovinosi della nostra umanità Dio prepara una storia nuova.” (Papa Francesco, Veglia pasquale 2021)
Ilaria Cremona
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