Non c’è Pentecoste senza lo Spirito Santo.
Non c’è Pasqua senza il dono totale di Gesù, Dio fatto uomo.
Non può essere Pasqua senza passare per la Quaresima.
E allora partiamo da qui: 40 giorni di Quaresima uniti ai 50 che legano la Pasqua di Risurrezione e la Pentecoste.
Presto il mio servizio come educatore del gruppo giovani della Comunità Pastorale in cui vivo.
Non vivo questo servizio da solo, sarebbe impossibile!
Siamo un gruppo ormai rodato da anni, padri e madri di famiglia, mariti e mogli, che si offronocon tutti i limiti, con tutte le fatiche, ma anche con tutta l’intenzione di testimoniare che una vita direzionata verso il Signore, oltre che “conveniente” sia “vincente”.
Quest’anno, alla luce di tutti gli ultimi avvenimenti che ci hanno travolto ed hanno cambiato la vita di ciascuno, abbiamo proposto ai “nostri” giovani un percorso dove da un lato li abbiamo invitati a rileggere e a concentrarsi sul tema del vivere la Fede e dall’altro di come poi concretizzare questa Fede con la testimonianza.
Abbiamo quindi intervallato i nostri mercoledì con testimonianze preziose di amici lontani e vicini: una coppia di ex-“nostri” giovani neo genitori, un adulto single della nostra c.p., due ex-“nostre” giovani che stanno vivendo un periodo lontano da casa -in Africa ed in Svizzera-, una coppia di nuovi amici fidanzati ed infine una nuova amica in procinto di sposarsi.
A ciascuno di loro abbiamo chiesto come vive la propria fede nel quotidiano:
la coppia con un bimbo piccolo e un lavoro non sempre presente;
il single prestando servizio nella comunità pastorale come catechista, lettore; lontano dalla casa d’origine, in luoghi dove trovare le radici e la quotidianità “del paese” non è cosi facile, e a volte neanche una chiesa e una comunità aperta;
la coppia di fidanzati dello stesso sesso, esempi di come la fede permea il loro quotidiano di ferventi credenti e praticanti e quali speranze per il loro futuro;
infine l’amica la cui fede è stata la roccia a cui attaccarsi dopo una storia importante, finita proprio “in dirittura di arrivo” e di come, da lì, è invece nato un fantastico altro percorso di vita.
Ciascuno ci ha donato non solo il proprio tempo, ma sempre un prezioso spunto di riflessione nuovo su cui ragionare ed impegnarsi.
E poi, abbiamo detto ai “nostri” giovani: “adesso tocca a voi! Com’è la vostra fede nel quotidiano, rileggendo questi ultimi anni?”
Nei rimanenti mercoledì, quindi, ci siamo concentrati sul preparare una testimonianza multipla, da presentare alla comunità nella domenica delle Palme, in coda alle altre domeniche di Quaresima dove si sono susseguite tante altre testimonianze.
E loro si sono raccontati, aprendo ciascuno il proprio cuore ed il proprio vissuto in maniera trasparente e profonda, alla luce della loro preziosa rilettura dei passi fatti.
Marco ha iniziato parlando della perdita del suo papà a causa del virus.
Sara, Valentina, Silvia e Silvia hanno raccontato i loro primi mesi universitari, iniziati e vissuti in questa modalità anomala per tutti, da subito con lezionida remoto, senza possibilità di tessere nuove relazioni di persona.
Stella e Sofia hanno invece riletto i loro passi di fede nel corso del loro cammino di studio, iniziato in un modo e con il quotidiano bruscamente interrotto, e di come hanno vissuto gli esami con questa nuova modalità a distanza.
Greta e Gaia ci hanno testimoniato il momento della loro “laurea ai tempi del covid”, dove l’imprevisto ha guidato i primi timori di non poter riuscire a chiudere il loro percorso.
Giovanni ed Erika hanno riletto i loro passi di fede, costretti a rimandare il loro matrimonio previsto per maggio 2020, ma poi spostato a settembre, speranzosi di poterlo celebrare.
Ed infine Ivan, che si è visto rimandare un’operazione importante che aspettava da tempo, per risolvere la sua malattia che altrimenti sarebbe senza dubbio peggiorata, in una commovente testimonianza-dialogo diretto con Gesù.
Il filo conduttore di ogni testimonianza è stata una piccola croce personale che all’inizio ciascuno ha portato lungo la navata della chiesa, ha posto ai piedi della grande croce ed ha affidato a Gesù; alla fine di ogni intervento ciascuno ha raccolto un lumino acceso sempre ai piedi del Crocifisso e simbolicamente lo ha condiviso, distribuendolo nelle navate, con il “motto”: “Venuto a te, Signore, con questa croce, ora porto con me la luce, per illuminare il mio cammino e quello dei miei fratelli“.
Sono stati molto belli e commoventi i riscontri di chi ha vissuto questo momento, tra gli adulti della comunità, sia nell’immediato che nei giorni seguenti.
E noi educatori tutti, insieme al don, siamo senza dubbio rimasti contenti non tanto per i “complimenti”, ma perché abbiamo avuto un’ulteriore certezza che questi “nostri” ragazzi, questi giovani, non sono solo utili alle comunità che magari (troppo?) spesso loro affidano (o meglio affibiano) ruoli pratici di cui nessuno vuol farsi carico, ma –invece- ne sono anche il cuore ed il vero potenziale.
Chiediamoci infatti quante volte si è spesso pensato, magari all’ennesimo pranzo o cena organizzato: “mah sì, ci sono i giovani tanto a servire, a mettere giù le sedie, a ….., a……” oppure, quando non si hanno forze o persone; “mah si, c’è il gruppo giovani per questo…!“, con il risultato certo di un qualcosa non legata a nessun -o quanto meno, molto debole- progetto educativo!
Quanto questi atteggiamenti, sottovalutati, hanno scavato un solco sempre più marcato tra loro ed il mondo adulto?
E loro, che non sono affatto insensibili o poco attenti, nel corso di una revisione che ogni anno proponiamo per condividere le cose belle vissute ed i momenti invece che richiedono un affinamento, ce lo hanno “sbattuto in faccia, senza troppi complimenti”.
Ed ecco che, quelli che la comunità ha pensato fossero un “cameriere”, un baby-sitter durante le feste, uno “sposta sedie”, ti sorprendono (ma nemmeno poi tanto, perché noi educatori sappiamo quanto valgono e sono preziosi) con testimonianze dense, importanti, sincere, commoventi, ma soprattutto permeate dalla loro vicinanza certa a Gesù.
Al termine delle nostre equipe preparative, a volte torno a casa con un senso di “vuoto”, nel senso che mi sembradi aver “combinato poco o nulla”; è una sensazione -posso dire a posteriori soltanto- che con certezza, soprattutto dopo questi momenti-dono, sparisce subito.
E’ la stessa certezza che mi porta ad essere sicuro che sia lo Spirito a lavorare in loro e che noi siamo solo strumenti deboli e limitati che tentano di condurli per mano, con i nostri limiti e fatiche appunto, verso Gesù.
E’ la stessa certezza che se anche non porto a casa nulla a volte dalle equipe, siamo noi stessi educatori a venire irrorati dallo Spirito, perché altrimenti tutto ciò non sarebbe in alcun modo umanamente possibile.
Sono belli -ci diciamo spesso- questi “nostri” giovani che vogliono stare vicini a Gesù, nel loro quotidiano, per la loro vita, qualunque sia il cammino ed il sentiero che ciascuno di loro percorrerà.
E a noi adulti tutto questo ci fa ben sperare per un futuro bello, custodito, e restituito a loro volta in un circolo virtuoso, quanto mai prezioso e necessario in questo periodo storico che viviamo.
Perché, se questi saranno i prossimi padri e madri, mogli e mariti, consacrati o consacrate, single o fidanzati, non sarà solo una mera e vuota speranza ma una “certa-certezza” che, grazie allo Spirito Santo che Dio-Uomo-Gesù manda ai suoi, tutto ciò non solo sarà possibile, ma bello!
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