La bellezza è negli occhi di chi contempla

Evangelizzare

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Evangelizzare: portare il lieto annuncio o tornare all’origine?

Ottobre è mese della missione.

Vi dico subito che non sono un’esperta, anzi! Lascio la questione a chi scriverà dopo di me.

Da giovane, scrutando la mia vocazione, ho escluso “essere missionaria ad gentes”, nel senso stretto del termine, intendendo coloro che lasciano il proprio Paese per raggiungere una terra in cui il cristianesimo non sia ancora diffuso. La mia vocazione sentivo essere giocata qui, “a casa”: la sfida per me è sempre essere cristiana qui ed ora!

E mi chiedo anche oggi cosa significa evangelizzare. Per me cosa vuol dire portare il “lieto annuncio” (ovvero EU-ANGELION = Vangelo)? Non sono mica un angelo! Eppure un cristiano è tale se è testimone del Vangelo.

Covid a parte, è un periodo in cui tante persone intorno a me vivono momenti di difficoltà, legati alla salute propria o di loro familiari, lutti improvvisi o preannunciati da malattie lunghe: come portare loro un lieto annuncio? Esiste una buona parola che posso dire? A volte si dice che anche il silenzio comunichi e non servano tante parole. Concordo che talvolta qualche gesto, una telefonata, un sms possono provare a lenire il dolore, possono incoraggiare o almeno far sentire la vicinanza amichevole, tenera, leggera.

La gente oggi credo che abbia bisogno di questo da un cristiano: sapere che almeno lui crede che c’è Qualcuno che ci sta vicino! Dio si è fatto nostro compagno di vita e continua a farlo tramite una sorella, un amico, la moglie, i figli, un sacerdote, qualcuno che sia capace di ascolto, di una parola di speranza, dimostri un briciolo di fede.

Evangelizzare è tornare all’origine della propria fede e chiedersi per Chi viviamo, per chi dedichiamo tempo, in cosa crediamo, cosa speriamo, qui e ora, non nell’aldilà. Non sono riunioni, catechesi, incontri, parole: quelle servono a confrontarsi e crescere, educano a pensare, approfondire la fede: sono necessarie se e solo se annunciano il Vangelo che è Gesù Cristo, che è la sua vita d’amore nello Spirito insieme al Padre.

Paolo VI diceva che il mondo non ha bisogno di maestri ma di testimoni; prima ancora san Francesco ricordava ai suoi fratelli che si può evangelizzare dopo anche a parole, solo se viene richiesto, perché è la tua vita che deve spingere chi incontri a chiederti esplicitamente conto dei tuoi gesti. Solo allora puoi metterti a spiegare a parole chi sia Gesù e cosa sia il Vangelo!

Evangelizzare, allora, non mi deve far chiedere quali iniziative mettere in campo, come convertire gli altri o come far capire agli altri cosa debbano o non debbano fare per essere buoni cristiani, come devono cambiare perché non hanno capito nulla della vita.

Evangelizzare è tornare a chiedermi se sono una donna di Gioia, Speranza, Fede, Carità; qual è la Buona Notizia che attendo io per la mia vita, quale novità è venuto a portare Gesù Cristo per ME, cos’è per me il Vangelo, e solo in un secondo momento come posso condividere con gli altri (che magari vivono più di me un momento umanamente terribile) la mia semplice fede e la gioia che ricevo dalla presenza dello Spirito.

Evangelizzare è oggi sinodalità cioè diventare compagni di strada, camminare insieme, condividere gioie e dolori con i fratelli e sorelle, nel nome di Gesù, uomo come noi, Figlio di Dio Padre.

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