La bellezza è negli occhi di chi contempla

Un’occasione di grazia

Un’occasione di grazia

Solitamente sono molto solerte nel visualizzare i messaggi che mi vengono recapitati sul telefonino in quella che è l’app che forse, negli ultimi anni, risulta essere la più usata tra tutti noi.

Questa volta, non so per quale preciso motivo, devo ammettere che non ho prestato subito attenzione ed ho ignorato di essermi ritrovato nell’ennesimo gruppo; diciamocelo subito chiaramente: “quale è la prima sensazione che proviamo quando ciò accade, se non di un certo fastidio per l’ennesima chat in cui veniamo coinvolti perchissàqualiurgentiepressantimotivi?”

Passate parecchie ore, complice il periodo non proprio felice al lavoro e in generale, ritorno su quella spunta non letta e mi soffermo sul nome del gruppo creato: “1991/2021”

Devono avermi inserito “in corsa”, perché non visualizzo il primo messaggio che dà l’incipit alla discussione e quindi posso solo visualizzare dei messaggi che mi fanno pensare a un qualcosa iniziato prima del mio inserimento. In un attimo capisco e realizzo che è una mia compagna di classe delle scuole medie, trasferitasi alla fine della 3a in un’altra regione ed in una città non proprio vicino a Milano ed alla nostra zona dove siamo nati e cresciuti.

Si parla di un ritrovo, a distanza di 30 anni, una sera insieme a mangiare la pizza ora che qualche sprazzo di nuova normalità -“the new normal” la chiamano i più chic e i più modern– ci è concessa.
Noto che nelle più disparate maniere è praticamente riuscita a includere il 95% di quelli che eravamo in classe: dal più classico primo contatto rimasto -allora non avevamo telefonini- allo scandagliare i social con la funzione delle amicizie in comune per cercare davvero tutti ed invitarli a questo evento, a cercare di ricordare i nomi degli eventuali fratelli o sorelle di qualcuno e capire se fossero loro veramente in contatto con i compagni mancanti; insomma un lavoro da 007 o quantomeno da giornalista di inchiesta!

Devo dire che in un primo momento sono stato sulle mie, un po’ freddo e poco entusiasta della cosa, ma poi mi si è acceso un pensiero che ho voluto tenere lì un attimo a “maturare”.

Ci siamo trovati alla fine in 10 su 23 che eravamo e dopo i saluti all’esterno, abbiamo mangiato insieme in allegria presso un locale che un nostro compagno nel frattempo, ha aperto ed è il suo lavoro quotidiano.
Non eravamo tutti, è vero, ma il numero ristretto ci ha permesso davvero di vivere una serata diversa da quelle che solitamente il cliché vede dipanarsi: tavolate lunghe nelle quali alla fine si parla solo e soltanto con i vicini più prossimi, dove c’è un baccano che quasi si fatica a sentire chi si ha fianco.
Niente di tutto questo: eravamo in un locale abbastanza rumoroso ma eravamo in una sorta “di bolla” tutta nostra; in maniera del tutto naturale, senza dire nulla, nessuno ha posto il suo smartphone sulla tavola e praticamente a turno ognuno si è raccontato.
Ha raccontato quello che è diventato dopo 30 anni, i passi che fatto, il lavoro, gli studi, le scelte prese, i dolori anche vissuti, insomma un raccontarsi e un raccontare come, da pre-adolescenti “alberelli”, siamo diventati donne e uomini adulti “alberi”.
Abbiamo anche condiviso situazioni drammatiche di compagni di cui siamo venuti a conoscenza e per i quali davvero è purtroppo impossibile intervenire con le nostre forze viste le scelte fatte e questo fa comunque male, perché questi sono stati compagni di un cammino che, volenti o nolenti, è stato profondo e fondamentale per ciascuno.
Volutamente ho paragonato la nostra vita agli alberi, perché nei giorni successivi ed ancora ora, questo incontro è stata occasione di Grazia per tornare alle mie origini, alle mie radici.
Nonostante le storie e le vite complicate che ciascuno di noi sta vivendo o ha vissuto, che bello vedere che questi alberi che erano a fianco a me durante la mia crescita, sono cresciuti, hanno aperto i loro rami e portato alcuni il loro frutto.
Che bello vedere che questi rami, però, hanno le medesime radici piantate nello stesso pezzettino di terra.

Questa riflessione mi ha permesso di accedere ancora una volta all’esplorazione di quelli che sono i passi fondamentali nel mio cammino di Fede, un tornare alla radice di tutto. Come dico sempre ai giovani che seguo: “è impossibile accorgersi dei motivi e godere appieno di tutto quello che sta dietro, quando si vivono le cose. Solo dopo anni, cresciuti, con l’esperienza, con un esercizio di fede e davvero se si desidera scavare a fondo, si riesce a godere di come queste radici, in maniera silente e mai esplicita, in realtà crescevano sempre più per sostenere il nostro albero che è la vita”

Ed è stato altrettanto naturale che il nutrimento di queste relazioni di amicizia, anche solo se in modo unidirezionale per le tante sfaccettature di ciascuno, sia stato il Signore: mettere al centro delle relazioni la sua presenza è quanto più di bello e duraturo possa esistere.

E allora ho ripreso proprio quel pensiero che avevo messo un po’ da parte per emozionarmi e ringraziare dell’ennesima volta con cui il Signore bussa alla mia porta per ricordarmi chi sono, da dove vengo, dove è conveniente che io direzioni lo sguardo al fine di dare un vero senso alle esperienze che vivo…

Che bello questo esercizio di rilettura che consiglio a ciascuno, soprattutto in quei momenti siamo sopraffatti dalle cose da fare, in cui non vediamo mai una fine e un riposo in questo “new normal” in cui ci siamo ritrovati forse a correre senza pensare e anche più di prima.

Che bello e che Grazia avere avuto persone speciali come i miei “compagni-radici-del-mio-cammino”, anche dopo questa lunga attesa di 30 anni!

Fabio

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