Si è concluso da poco il secondo Weekend di Bellezza organizzato dalla Comunità Pachamama a Olgiate Olona, e anche quest’anno, eravamo lì per raccontarvelo.
Come (forse) sapete già il WEB della Pachamama è un “animale strano”: non è un festival, anche se è strapieno di conferenze e momenti “seri”, perché la cifra distintiva e più piacevole per tutti è la relazione che si crea con tutti i partecipanti, il fatto di mangiare e bere insieme, ridere e scherzare fino a tarda notte con persone che fino al giorno prima nemmeno conoscevi, e godersi un bel momento di vita calda e piena.
Ad ogni modo, quest’anno la qualità dei temi affrontati merita anch’essa più di una menzione, e allora, fatta questa premessa che da ora in poi daremo per scontato, saranno le tante cose intensissime che sono state raccontate ad animare il resto di questo resoconto.
Venerdì 17 giugno sera, nel clima torrido di quelle settimane, i “comunitari” hanno accolto i partecipanti.
Gli iscritti all’intera tre giorni erano quest’anno davvero tantissimi, circa una sessantina, poi purtroppo a causa soprattutto della nuova ondata di covid molti hanno dovuto rinunciare e alla fine ci siamo assestati sui numeri dell’anno scorso: una quarantina di partecipanti, giunti alla spicciolata a partire da venerdì pomeriggio fino a ridosso della conferenza, a perdifiato per non mancarsi l’inizio.
Quest’anno, infatti, si è iniziato già “col botto”: era proprio la conferenza del venerdì sera ad essere aperta al pubblico. Nella cornice del giardino di Villa Restelli sono arrivate un centinaio di altre persone, che piano piano hanno occupato le sedie nel grande prato, non senza sbirciare la “mostra sulle disuguaglianze” realizzata da Pachamama e gustarsi una birra fresca, sfogliando i libri in vendita e le magliette della serie “Face The Revolution”, realizzate a Villa Restelli.
Le magliette, che ogni anno rinnovano i volti di chi ha “messo la faccia” per il cambiamento, come sempre hanno destato particolare attenzione, e le persone hanno scoperto così tra gli altri anche i volti della campagna face the revolution a cui era dedicato il tema di quest’anno sulle disuguaglianze: la sindacalista Dolores Huerta, l’attivista femminista Hevrin Khalaf, il premio nobel inventore del microcredito Muhammad Yunus, e in particolare Albert Sabin, il medico che ha scelto di non brevettare il vaccino antipolio e ha così permesso che arrivasse a tutti i bambini del mondo…
..una citazione non troppo velata dei profitti spropositati fatti dalle corporation del farmaco in occasione dell’ultima pandemia.
Già belli carichi per la serata ci siamo messi così in ascolto delle due grandi voci che ci hanno fatto il regalo di aprirci al tema del web 2022: “Locale globale e disuguale: un mondo dispari al 99%”.
Per primo ha parlato Fabrizio Barca, indubbiamente uno dei massimi esperti di disuguaglianze in Italia, ex ministro per la coesione territoriale, statistico, economista, e coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità, un’interessantissima realtà, che riunendo le tante anime presenti nella nostra società sensibili alle ingiustizie sociali sta lavorando ormai da anni per studiare e promuovere l’attuazione di politiche concrete in materia.
Al Professor Barca abbiamo chiesto soprattutto di aiutarci, noi cittadini talvolta un po’ inconsapevoli e distratti, a capire perché la questione è grave e sta peggiorando; come questo tocca le nostre vite, di noi 99%, e perché cambiare è possibile e come si può iniziare a farlo.
Insieme a lui, collegata a distanza per la molteplicità degli impegni che le sono richiesti continuamente, Elly Schlein, vice-presidente della regione Emilia Romagna, dopo che è stata la candidata di lista più votata nella storia delle elezioni regionali, membro dell’ufficio di presidenza di Green Italia, con un’esperienza da europarlamentare e soprattutto una delle personalità politiche a cui maggiormente guardiamo con speranza in Italia, in questa epoca.
A lei invece abbiamo chiesto di provare a condurci un passo oltre, grazie alla sua esperienza politica diretta, e di aiutarci a capire quali sono a suo parere i nodi da sciogliere politicamente per attuare dei programmi efficaci che vadano nella direzione di contrastare le disuguaglianze e realizzare una maggior giustizia sociale.
Entrambi gli interventi sono stati densi e carichi di passione, e insieme alle diverse domande dal pubblico hanno generato un clima frizzante di interazione e dialogo. In sostanza quello che ci siamo portati “a letto”, venerdì sera è stata la consapevolezza che da un lato ci sono delle sfide complesse da affrontare e dei problemi non semplici da risolvere, dall’altro che questi problemi non sono frutto di un destino cieco e baro inevitabile, ma di precisi interventi politici fatti in passato (e portati ancora avanti oggi).
È per questo che è stato particolarmente rilevante tutto ciò che è successo poi nella giornata di sabato 18 giugno, una giornata densissima, vissuta nel segno del tentativo di approfondire “cosa esattamente è andato storto, e come porvi rimedio”. Abbiamo iniziato la mattina, dopo un breve intervento della Pachamama per contestualizzare l’importanza del tema disuguaglianze anche in un’ottica di ecologia integrale, con Giovanni Gozzini, storico, direttore del Gabinetto Scientifico Letterario Vieusseux dal 2000 e ordinario di storia contemporanea e di storia del giornalismo all’Università di Siena.
Il suo intervento ci ha condotto attraverso un viaggio, dalle origini dell’umanità alla globalizzazione, alla ricerca delle dinamiche che hanno “mosso” (nel senso di acuito e ridotto contemporaneamente) le disuguaglianze su scala globale e internazionale.
Gli abbiamo chiesto di approfondire gli argomenti che abbiamo iniziato a sentire la sera prima, raccontandoci di come si sviluppano le disuguaglianze in questa fase storica a livello internazionale, tra paesi e su scala globale, riservando invece al pomeriggio un affondo più locale. Abbiamo chiesto a lui perché è uno dei più fini studiosi della globalizzazione e dei suoi effetti contradditori (nel senso di positivi e negativi), e lui, da buon storico, ci ha proposto di iniziare mettendo in chiaro che la storia dell’umanità è la storia di un viaggio, di spostamenti, e di cambiamenti, di mutazioni.
Per capire come funziona il mondo di oggi, e come ci siamo arrivati è importante partire da lontano, per rendersi conto che la globalizzazione ha permesso la riduzione delle disuguaglianze per un lungo periodo, ma che ora (e in particolare per enormi fette della popolazione globale) la macchina si è inceppata.
Tra le tante pillole interessanti del suo intervento spicca il ragionamento sull’importanza della “salute” della struttura delle società contadine nel momento in cui “arriva” il mercato globale, che ha forse inciso più di ogni altra cosa nel permettere all’estremo Oriente di entrare in corsa e nel tagliare le gambe al subcontinente africano.
Ma siccome, come racconta anche la “curva dell’elefante” di Branko Milanovic, “le disuguaglianze all’interno dei Paesi sono ora persino maggiori delle disuguaglianze tra i Paesi”, nel pomeriggio era doveroso concentrarsi sulle nostre società occidentali e sulle dinamiche che negli ultimi quarant’anni hanno prodotto via via sempre maggiori disuguaglianze e un impoverimento generalizzato delle società a vantaggio di pochi.
I dati che abbiamo studiato in preparazione al Web 2022 dimostrano in maniera schiacciante e preoccupante che il problema delle crescenti disuguaglianze è soprattutto una realtà che colpisce le nostre società, un tempo più omogenee, offrendo eccessivo potere, benessere e privilegio nelle mani di qualcuno, e fragilità, povertà, insicurezza nelle vite di tutti gli altri.
Per questo il panel del pomeriggio aveva bisogno di svilupparsi in modo molto articolato e approfondito e ha richiesto il prezioso aiuto di tre voci interessanti: Carlo Cunegato, Francesca Coin ed Elisa Sermarini.
Per primo ha preso la parola Carlo Cunegato, che è filosofo, docente di ruolo nella scuola pubblica, dal 2015 consigliere comunale nel Comune di Schio, e che, ci siamo accorti, condivide con Elly Schlein dei piccoli successi personali: anche lui è stato il candidato più votato alle ultime regionali, (nel suo caso stiamo parlando ovviamente del Veneto e non in assoluto, ma solo nell’area dell’alto-vicentino, però… ci piace raccontarlo perché queste cose sono il segno che gli elettori non sono stupidi e c’è speranza).
Carlo è socio della SFI vicentina e fondatore dell’Accademia degli studi storico-filosofici Aretè di Schio, ma soprattutto… studioso appassionato di economia e in particolare proprio di disuguaglianze: ha scritto un saggio sul famoso testo di Thomas Piketty “Il capitale nel XXI secolo”, ed è proprio per questo che gli abbiamo chiesto l’enorme favore di iniziare questo panel e venire a raccontarci che cosa è successo negli ultimi 30-40 anni nei paesi occidentali. Quali scelte politiche e quali effetti sulla struttura delle nostre società.
Dopo di lui Francesca Coin, professoressa associata di sociologia all’università di Lancaster, impegnata attualmente nello studio delle crisi sociali ed economiche che hanno raccontato gli ultimi quattro decenni, dalla crisi fiscale di New York del 1975 all’odierna crisi del Coronavirus. Negli anni ha esaminato l’evoluzione del lavoro precario, non retribuito, agricolo e digitale e i conflitti sociali che lo caratterizzano. Ha pubblicato una cinquantina di articoli di giornale e saggi sulle dimensioni intersezionali della disuguaglianza nella svolta neoliberista.
A lei abbiamo chiesto uno sguardo di ulteriore approfondimento sul perché e come le crisi che stiamo attraversando, quella ecologica, quelle economiche, quella pandemica, quella geopolitica, e via dicendo, sono un motore potente dell’inasprirsi delle disuguaglianze, e, dall’alto della sua esperienza internazionale di studi, anche uno sguardo comparato su cosa sta succedendo in Italia rispetto ad altri paesi, soprattutto Regno Unito e Stati Uniti.
Infine, abbiamo concluso con Elisa Sermarini, responsabile della comunicazione della “Rete dei Numeri Pari”, un’interessantissima iniziativa che punta a unire tutte le realtà locali impegnate attivamente nel contrastare le disuguaglianze sociali a vario titolo. Elisa ci ha raccontato di come è nata la Rete, e di alcune interessantissime realtà che ne fanno parte.
Domenica 19 giugno, infine, con tutti i partecipanti alla tre giorni che hanno soggiornato presso la Comunità, come avevamo fatto anche l‘anno prima abbiamo provato a tirare le fila, ci siamo confrontati sugli spunti e le riflessioni emerse, attraverso un metodo di dialogo e scrittura partecipata, con lo scopo di arrivare a stilare una “Carta degli Impegni”, che dopo tre ore di intenso dibattito e confronto abbiamo effettivamente redatto e firmato insieme… davanti ad una buona pizza cotta nel forno a legna delle Comunità!
Tra le note più interessanti emerse dal dibattito, forse, c’è l’idea di un forte bisogno di riprendere contatto con la dimensione politica delle nostre collettività: le persone presenti attive in politica lamentavano isolamento e fatiche nel cercare di portare avanti le battaglie giuste, i più lontani e critici dall’altro lato evidenziavano la difficoltà ad accedere “da cittadini normali” ai contesti decisionali e deliberativi…
Uno degli impegni che ci siamo presi, per niente semplice, è quello di provare a costruire nei nostri territori, non già direttamente dei partiti o delle liste, ma piuttosto sorte di nuovi “corpi intermedi”, che siano accessibili anche da chi li può frequentare solo “a tempo perso”, dando comunque il suo contributo e facendo sentire la propria voce, e che siano di supporto per chi della cittadinanza attiva ha scelto di scalare qualche gradino in più e prendersi già delle responsabilità.
Del resto, a quanto pare (freschissimo sondaggio SWG di inizio giugno), in Italia ci sarebbero già delle maggioranze di pensiero favorevoli a politiche assimilabili a quelle che propone il Forum Disuguaglianze e Diversità, se è vero che “per oltre due terzi degli italiani tassare maggiormente i super-ricchi è un must: opinione maggioritaria anche per l’elettorato di centrodestra”.
Forse avere dei luoghi in cui questi pensieri divengano voci, anche se pre-politiche, può aiutare a renderle piano piano la realtà migliore in cui sperare.
Giovanni, Comunità Pachamama
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