Il periodo estivo è per definizione il tempo del riposo.
Terminato, per i più, l’anno lavorativo o scolastico, è il momento favorevole per ricaricare le batterie, riposando il corpo e la mente. Per quanto tutto questo appaia scontato, nella realtà delle cose non lo è per nulla. Per due motivi.
Il primo, più superficiale, lo vivo in prima persona da quando sono diventato papà: il mio “riposo” estivo è un susseguirsi di: “papà, andiamo a giocare?” (ore 6.45 del mattino); “papà, ho fame”; “papà, andiamo al parco giochi?”; “papà, mi scappa la cacca”; “papà, mi disegni un dinosauro?”… Devo confessare che mi è capitato più volte di chiedermi, esausto, quanto mancasse a settembre, apparendomi molto più riposante andare al lavoro!
Ma c’è un motivo più profondo che rende per nulla scontata l’equazione ferie = riposo e riguarda la domanda su cosa significhi davvero riposare. Certo, c’è un riposo fisico che è importante e necessario: tempi più prolungati di sonno e di relax. Il “dolce far nulla”, che però funziona per qualche giorno, poi lascia spazio alla noia. E la noia e tutto fuor che riposante.
C’è poi chi cerca il riposo nel divertimento. E ci sta, aiuta a staccare, a non pensare, ed è importante. Ma anche il divertimento alla lunga stufa, e se diventa sballo è tutto fuor che riposante.
Cosa davvero “riposa”? La parola che personalmente associo al riposo è “contemplazione”.
Quello che davvero mi ricarica, mi rigenera è contemplare. Qualsiasi cosa in realtà. Le piante che ho in giardino, il cielo notturno, il mare, un tramonto, la pioggia, i miei figli che (a volte capita) dormono persi nei loro sogni…
Contemplare non è solo guardare. Contemplare è osservare e accogliere la bellezza di ciò che ci è di fronte.
Accoglierne la bellezza e interrogarsi sul senso di quella bellezza, sul senso del nostro essere circondati da questa bellezza, esserci dentro ed essere chiamati a prendercene cura. E quante volte non ne siamo capaci.
È riposante la contemplazione, perché chiama in causa noi stessi, la nostra vita. Non è un osservare passivo, è un mettersi in gioco che fa emergere ciò che dentro di noi si oppone alla bellezza, fa emergere il desiderio di vincere ciò che ci ostacola, di mettere pace nel cuore. Per questo è riposante.
L’ozio, il divertimento, coprono, fanno tacere, le grida del cuore. La contemplazione si mette in ascolto e riporta la pace.
Questo è il riposo: non un tempo sospeso, in cui tutto ciò che ci portiamo dentro rimane fuori, un tempo finto dove “va tutto bene”, finché non ricomincia la routine quotidiana con tutte le sue preoccupazioni. È invece il tempo in cui prenderci cura del nostro cuore, fasciarne le ferite, rimetterlo in sesto per poter ripartire con una marcia in più. Non solo riposati, ma rigenerati.
L’augurio perché il tempo estivo sia tempo di contemplazione e rigenerazione.
Gabriele
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