Lc 25, 14-30
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti.
Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».
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Quando sentiamo parlare di “talenti”, ai giorni nostri, si intende qualcosa che fa spesso rima con “successo”, ovvero una particolare qualità che permette di “sfondare”; le scene televisive sono ultimamente palcoscenico di una serie di “talent show”…..ma nel momento nel quale è ambientata questa parabola i talenti in questione sono qualcosa di estremamente materiale e misurabile, una bella somma di danaro che questi servi si trovano a dover amministrare.
Ho posto lo sguardo su questi servi e sulla differenza delle loro reazioni: ciascuno ha ricevuto un bene da far fruttare, del quale non diventano proprietari, ma agendo per conto di un Altro.
Quante volte anche noi siamo stati investiti da una così grande responsabilità?
Qualcuno può obiettare, dicendo che non gli è mai capitata … in verità penso che il tesoro che nella parabola va sotto il nome di “talento” da trafficare sia la nostra intera esistenza con tutte le circostanze che essa comporta. Sì, perché il Signore ci ha creati liberi di esercitare le nostre scelte ed è nella realtà quotidiana che noi dobbiamo giocare la nostra libertà.
Spesso ci siamo sentiti dire dalle pagine del Vangelo che saremo giudicati sull’Amore: dunque, come si concilia questo con i talenti da trafficare che abbiamo ricevuto?
Oggi ho ascoltato alcune testimonianze nell’ambito di un incontro dell’associazione “Famiglie per l’accoglienza”. Le toccanti vicende ascoltate vibravano dell’eco di questa parabola, e ho letto le storie di queste persone come fossero i servi protagonisti: i talenti che hanno ricevuto sono stati differenti, situazioni difficili, spesso dolorose, a volte umanamente insostenibili: ma questi testimoni hanno messo in atto la loro libertà, vivendo fino in fondo la realtà che avevano davanti e hanno vissuto all’altezza del proprio desiderio di bene e di pienezza. Non hanno sepolto sotto la coltre della disperazione quanto la vita ha presentato loro, si sono messi al lavoro seriamente, certi di un Amore più grande che dà senso a tutte le cose.
Chiedo allo Spirito Santo di insegnarmi a vivere così ogni circostanza.
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