Il cammino del popolo di Israele è un continuo vegliare perché il Signore venire in mezzo a loro, perché sveli il suo volto e il suo volere, perché lo conduca alla Terra Promessa e possa portarlo a terre in cui scorre latte e miele.
Ad un certo punto della sua storia il popolo si accorge che ciò è possibile solo tramite un Messia: ad esempio in tutto il libro di Isaia il profeta cerca di descrivere chi è colui che è necessario seguire, accogliere.
È come se si accorgesse che solo nella relazione può passare la salvezza e la liberazione dalla schiavitù che continua a perseguitare il popolo nella sua storia, prima l’Egitto e poi Babilonia e cerca estenuantemente chi, tramite un rapporto più o meno stretto con Dio, può salvarli, fino a vedere l’opera di Dio addirittura in un condottiero pagano come Ciro.
Chiaramente crede sempre che il Messia sia un condottiero potente capace di una vittoria in termini fisici e invece il nostro Dio ci sorprende sempre.
Dio Padre si svela in Gesù e solo chi ha occhi semplici e umili può riconoscerlo.
Il Padre privilegia gli Anawim, i poveri di Dio: infatti, coloro che sono costretti a sopportare ingiustizie e a vivere una vita complicata da tribolazioni di vario genere, sono i prescelti.
Appena nasce Gesù, gli angeli annunciano la venuta del Messia ai pastori. Questi uomini non hanno nulla a che vedere con le romantiche statue dei nostri presepi, ma erano tenuti ai margini della società, vivevano nelle periferie, ritenuti quasi delle bestie come ciò a cui dovevano badare, ma vengono scelti perché sono in grado di vegliare per prendersi cura di qualcosa di diverso da loro, per far sì che nessuna delle pecore a loro affidate vada perduta. All’annuncio si destano, si mettono in cammino per andare ad adorare un bambino, non si fanno domande, sanno che la parola degli angeli è vera e che troveranno ciò che gli è stato annunciato.
Dio sceglie loro, gli ultimi, perché il grande annuncio del suo amore per l’umanità inizi a svelarsi, ci aveva già provato con re, giudici e scribi tramite la parola dei profeti ma il popolo non aveva ascoltato. Ora prova a servirsi degli ultimi perché il suo annuncio inizi a muoversi, parte dalle periferie l’annuncio del Vangelo e giunge fino alla città, veicolato dalla povertà.
L’attenzione agli ultimi accompagna Gesù fino ad oggi, e ci sorprende come il primo discorso “ufficiale” dopo la chiamata dei 12 sia rivolto proprio a loro, ci riferiamo al discorso della montagna (Mt 5,3-12).
Ci piace leggere questo brano insieme a don Tonino Bello, che vedeva la chiamata “beati” come un appello, invitava tutti i chiamati ad alzarsi, a risorgere, a svegliarsi, sia perché Cristo può cambiare le sorti delle loro vite, ma anche perché questi, chiamati uno per uno, si accorgessero che non sono soli, che sono Popolo, che Dio li vede ed è con loro, cammina tra loro, ma è anche alla loro testa, per condurli al posto per cui sono stati chiamati, accanto a Dio Padre.
Dio chiede anche a noi oggi di aggiungerci a questi chiamati, a svegliarci dal torpore delle nostre sicurezze, per metterci dietro a Lui e seguirlo nel santo pellegrinaggio fino al cuore del Padre. La sua sveglia è necessaria a noi per non appiattirci nella nostra comoda quotidianità, per chiamarci a una costante e continua conversione, dalla periferia del nostro cuore al centro, seguendo i pastori che dalle campagne fanno partire l’annuncio per convertire la città.
Questo non per essere più buoni -come molti credono che sia l’essere cristiani- ma per rendere visibile più autenticamente il nostro centro che è Cristo.
Martina e Luca per la Fraternità Evangelii Gaudium
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