“Lo sguardo di Gesù non si posa mai sul peccato della persona, il suo primo sguardo andava sempre sulla povertà e sul bisogno dell’uomo. Almeno per oggi posso provare ad avere questi occhi liberi dal giudizio e intenti all’amore, almeno per oggi! (fra Giorgio Bonati)”
Questo è un articolo ad alto contenuto di scandalo… se non ve la sentite fermatevi qua!
Quest’anno un gruppo di cattolici, con nel cuore la missione, ha deciso di farsi accompagnare per il loro anno di formazione dalle pagine di liberazione dell’Esodo ed hanno chiesto ad una pastora battista di accompagnarli per la meditazione di questa Scrittura.
Seguo da tempo sui social la pastora Lidia Maggi, teologa dalla indubbia profondità e conoscenza nonché aperta all’ecumenismo e quando ho saputo che era proprio lei a guidare questo gruppo non ho potuto fare a meno di chiamare un mio amico che ne fa parte e chiedere se potevo imbucarmi a questi incontri.
“La pastora Rea Caro celebra la Santa Cena con suo figlio”
Ammetto che sono stata piuttosto schietta mettendo subito le mani avanti e dicendo che non avevo voglia di entrare “ufficialmente” nel loro gruppo, volevo solo cogliere l’occasione di ascoltare una buona parola visto che ultimamente chiudevo la porta a realtà che sentivo troppo chiuse e me ne ero uscita piuttosto delusa. Insomma sapevo che andavo a parare sul sicuro se mi veniva concessa questa possibilità.
Tuttavia ammetto che non ritenevo scontato nulla: né che un gruppo di cattolici si facesse guidare da una donna esponente della chiesa riformata, né che venisse concessa la possibilità ad esterni di parteciparvi. Ci leggo una profonda apertura e capacità di andare oltre i propri recinti.
Ed in questo la riflessione è andata alla settimana per l’unità dei cristiani che si svolge a gennaio di ogni anno, ma cosa vuol dire unità? Unità non vuol dire cancellare la “diversità”, non vuol dire annullare una differenza ma trovare nell’altro una vera ricchezza.
Non è neppure scontato ricevere accoglienza da parte di gruppi già pre-costituiti, i cui membri si conoscono da anni, poi chiedere di farne parte solo per una tratto, per una “tappa del cammino”.
Ammetto che è stato per me un privilegio enorme: respirare un clima di vera unità, colma di ricchezze spirituali e di un libero confronto, scoprire nuovi modi di Comunione, non fatti da un sincretismo religioso ma dalla concreta certezza che siamo tutti sulla stessa Via, indipendentemente dai particolarismi di ciascuno.
“Gli elementi di divisione tra le Chiese e tra gli uomini”
Spero che queste occasioni si diffondano sempre più, senza far la conta tra i battezzati dell’una o dell’altra Chiesa, spero che queste occasioni siano fonte di riflessione anche per le nostre realtà comunitarie dove troppo presto si finisce per creare gruppi “inaccessibili”: quanti limiti anagrafici, di condizione sociale, di stato familiare ci sono nelle nostre parrocchie e che lasciano sempre fuori qualcuno?
Creare occasioni di unità, in cui tutti possano sentirsi figli di un unico amorevole Padre.
Ilaria S.
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