Si può analizzare un’immagine dal soggetto sacro solamente descrivendone le mani? Se parliamo di un dipinto di Giotto sì, data la grande capacità del maestro fiorentino di mettere in scena una umanità varia ed espressiva, caratterizzata da una gestualità del tutto “teatrale”.
La scena è speculare e si dispiega su due registri orizzontali sovrapposti di figure tra terra (Maria e gli apostoli) e cielo (schiere di santi e angeli) e un’asse centrale verticale, che comprende Cristo e altri due angeli, che raccordano alto e basso, destra e sinistra. Molto eloquenti le mani di questi due angeli: con una accolgono i personaggi a terra, la “Chiesa” in preghiera, con l’altra forniscono una direzione agli sguardi, il cielo dominato dal Cristo.
Proprio il cielo è popolato da scattanti personaggi: un ordine di figure angeliche dalle ali colorate e una schiera di santi in secondo piano, tra cui si riconosce, primo a sinistra, Giovanni Battista: tutti questi personaggi hanno o le mani giunte in preghiera o le mani aperte, quasi a voler raggiungere Gesù con un caloroso abbraccio.
Anche le mani di Maria pregano, accompagnate da uno sguardo estatico… chissà cosa sta pensando questa mamma che, sin dalla natività, “custodiva tutte queste cose nel suo cuore”, e si ritrova a vedere un figlio morto e poi risorto, mentre infine ascende al cielo…
Umanissime anche le mani degli apostoli. Così gli Atti ci raccontano la scena: “Dette queste cose, mentre essi guardavano, fu elevato; e una nuvola, accogliendolo, lo sottrasse ai loro sguardi”. La reazione di Pietro, Giovanni (a sinistra), Matteo, Bartolomeo (a destra) è scontata: le loro mani si appoggiano alla fronte, accecati dalla luce divina emanata dalla mandorla dorata che avvolge Gesù, simbolo del mistero di Cristo che nasconde la natura divina in quella umana, come il frutto della mandorla è racchiuso nel guscio.
E le mani di Gesù? Inizialmente mi è parso strano e per essere sicura ho guardato sia su testi cartacei che in rete: le mani di Gesù non ci sono! Il “taglio” è modernissimo, quasi fotografico, e ci mostra questo corpo di carne viva che è già al di là – “vincitore del peccato e della morte, ci ha preceduti nella dimora eterna per darci la serena speranza che dov’è lui, capo e primogenito, saremo anche noi sue membra Uniti nella stessa gloria” (Primo prefazio della liturgia dell’Ascensione”)
P.s. Per maggiori informazioni sul ciclo di affreschi di Giotto a Padova, leggi anche la “Resurrezione di Lazzaro”, pubblicata lo scorso febbraio.
Arianna Mascetti
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