23 aprile 2007
Sono arrivato ieri, insieme a una pellegrina italiana, a Leon ed inizia oggi il mio primo passo ufficiale sul Camino di Santiago.
Ieri sera ho appena intravisto due pellegrini spagnoli, non ho parlato molto con loro; per me è davvero una nuova avventura che sta cominciando, quindi non ho ancora bene la percezione di quello che può essere, per cui mi sto godendo ogni momento, così come viene.
Li vedo stanchi e percepisco abbiano vesciche causate dalle lunghe e precedenti tappe che hanno percorso.
Li “superiamo” nel pomeriggio, quando si fermano prima della tappa che avevamo pensato per noi. Con Anita, abbiamo iniziato a camminare insieme a tre pellegrini di Bergamo, conosciuti alla partenza, in aeroporto.
Il giorno seguente, il secondo, non incrociamo più i due spagnoli se non in occasione di una rapida sosta; arriviamo ad Astorga e loro evidentemente “ci passano” di nuovo perché non li incontriamo più in paese.
Il terzo giorno piove moltissimo e, nuovamente, ci incrociamo tutti, quando entriamo in un caratteristico bar sul cammino per tentare di asciugare tutto quello che indossiamo che nel frattempo é diventato una spugna. Da quel momento, non ci abbandoneremo mai più! Salutiamo i pellegrini bergamaschi e proseguiamo con loro.
A metà del cammino, arriva il terzo di loro che si unisce a noi per gli ultimi 200km; sono tre cognati tra loro, percepisco molto uniti ed anche molto simpatici e piacevoli.
Ed ecco che il cammino ha preso vita e senso!
È certamente impossibile descrivere in poche righe davvero tutto ed il perchè di questo assunto: difficile sintetizzare i motivi per i quali sono partito lasciando a casa mia moglie in dolce attesa che anzichè fermarmi, al contrario, mi ha spronato -dico io- volendomi bene o il motivo per il quale ho tanto desiderato essere sul cammino proprio nel giorno del mio 30° compleanno, quasi fosse una tappa fondamentale di quel primo pezzo di vita per il quale, nonostante tutte le fatiche -ho perso il papà giovanissimo, che avevo 23 anni soltanto-, avevo solo di che ringraziare per quanto ricevuto fino ad allora e che mi rendeva l’esistenza felice, o per quanto stavo in quel momento inconsapevolmente ricevendo di questi nuovi amici.
Gli amici vecchi e quelli nuovi, i miei compagni di scuola, la precedente e la nuova vita nella comunità che mi ha accolto dopo essermi sposato e trasferito, mia moglie sposata esattamente due anni prima lo stesso giorno in cui avrei messo il mio primo piede sul Cammino, una figlia in arrivo, due famiglie di origine speciali, questa nuova “famiglia” italo-spagnola che via via andava formandosi passo dopo passo.
Ecco, avevo solo di che ringraziare!
2022
Oggi, a distanza di 15 anni ed ancora più consapevolmente sono ancora qui a fare lo stesso.
Sono appena tornato dalla Spagna per fare loro una visita, in occasione del compleanno di uno di loro.
Mi sono presentato direttamente e di sorpresa in casa, la sera precedente, senza che non sapesse nulla.
Non volevo fosse una “carrambata” qualsiasi, ma concretizzare il desiderio forte di rivedersi dopo molti anni e gioire insieme per questa particolare occasione.
In questi anni -dopo l’esperienza del Cammino di Santiago- le nostre famiglie hanno avuto modo concreto di conoscersi ed incontrarsi perché noi siamo venuti in Spagna diverse volte, animati sempre dallo stesso motivo.
Quando viene il momento di salutarci, ci ripetiamo sempre il desiderio di rivederci presto – sia dove sia, quando sia.
Ecco, quindi, che, ancora, non riesco a trovare le parole per raccontare il loro volto, il mio, quando ci siamo visti questa volta.
Un abbraccio grandissimo inondato di lacrime di gioia ed emozione che nascono da lontano, sicuramente da quei passi insieme condivisi sul cammino, in cammino.
Ho passato con loro 3 giorni pieni, non tanto “a fare cose” ma ad “abitare il tempo“, nella loro quotidianità.
Ho cercato con discrezione di non recare troppo fastidio, anche se ricevo sempre un trattamento speciale che è caratterizzato da tutte le attenzioni, vere e concrete, che si offrono agli amici più preziosi ed alle persone più care.
Certo, ribaltare rapidamente le mie “norditaliche” consuetudini (loro pranzano alle 16 circa, merendano alle 19 e cenano alle 22.30 per poi addormentarsi non prima della 1) non é stato facile, ma posso affermare con certezza, come spesso sento loro dire, “que no pasa nada!“, che potrei parafrasare come “non è nulla in confronto ad altro!“
Parlavo prima di ringraziare: ma quanto è bello poter essere nelle condizioni di poterlo fare?
Vivere questa occasione come un riassunto di un vissuto intenso e profondo, che non sia di circostanza come spesso accade anche in maniera automatica: se mi è concessa la possibilità di dire “grazie” è solo perché qualcuno mi vuole bene, perché qualcun’altro mi considera importante, mi mette al centro, senza chissà quali troppe “celebrazioni” ma nella quotidianità del mio vissuto che, “grazie” a ciò (ma guarda un po’) diventa relazione, quindi non più “mio” ma “nostro”!
Penso che soprattutto in questi tempi folli, che ci stanno mettendo a dura prova, sia questa la chiave vincente non solo per una vita felice e di senso, ma anche l’unica possibilità per una umanità che mai come in questi momenti corre il rischio di autodistruggersi per motivi senza senso. Questa chiave è “porre l’altro al centro, abitando la vita nella quotidianità.“
Le chiavi possono aprire una porta o chiuderla, è vero, ma a ciascuno di noi credo sia richiesto di decidere da che parte girare questa chiave: apro la mia porta oppure la chiudo?
Permetto all’altro di entrare nella mia casa, abitandola, ponendolo al centro? Oppure lo lascio sul pianerottolo o, peggio, giù in cortile?
Appena salito sul treno per tornare a casa, ho mandato a ciascuno di loro un messaggio che dice più o meno così e riassume “di getto” due sensazioni forti ed immediate che mi sono risuonate in questi 4 giorni:
“E’ molto difficile riassumere in poche parole quello che provo quando vengo da voi, qui in Spagna. La prima cosa che viene in mente è che non ho alcuna percezione di uscire di casa: questo è molto bello perché vuol dire che sono a casa anche qui. Cosa c’è di meglio che sentirsi come in famiglia?
La seconda sensazione che provo é la tranquillità. Vivere la vostra quotidianità, mi infonde una serenità incredibile. Siete un esempio vivo e concreto perchè io spesse volte vivo esattamente l’opposto!
Torno sempre a casa con più di quello che vi ho portato qui!
Ci sarebbe molto altro da dire, ma semplicemente voglio ringraziarvi per tutto. Sembra una parola ovvia in questi tempi, ma se riscopriamo il suo significato profondo, penso sia davvero la cosa più bella che possiamo fare.
Custodiamoci sempre nel cuore, custodiamo questa preziosa amicizia!
Vi voglio bene”
Ecco che, alla fine, io sono convinto per questi motivi di non aver mai lasciato casa perché anche “da loro e con loro é, sempre, casa!”
Auguro a ciascuno di provare queste emozioni che diventano certezze che danno senso ultimo e profondo alla vita.
Al ritorno, ho volutamente indossato una maglietta “celebrativa” che mi è stata regalata da mia moglie e dalle mie figlie l’ultimo Natale e che recita una frase davvero significativa, di Don Bosco, che credo riassuma molto bene quanto ho cercato di raccontare in queste poche righe: “Camminate con i piedi per terra e con il cuore abitate il cielo!“. Quale miglior riassunto possa esserci a riguardo di questi miei ultimi 15 anni -ma non solo-, non lo so!
In conclusione, mi risuona alla mente un piccolo pezzettino di un canto che spesso magari si sente durante le S.Messe dei saggi più anziani che mi certifica -mi rende certo- che: “se tu parti con te viene, con te rientra ora e sempre, con te rientra ora e sempre, ora e sempre“
Entonces….Buen Camino!
Fabio
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Gianpietro
21/05/2022 at 10:15 ambellissima esperienza, Fabio. Ringrazia Dio dimostrandoGli la tua gratitudine, vivendo il suo Vangelo proprio giorno per giorno. Gianpietro