La bellezza è negli occhi di chi contempla

C’è spazio per l’amore in questa terra di lotte?

C’è spazio per l’amore in questa terra di lotte?

…una testimonianza da parte di una volontaria di EWE MAMA…

 

Ciao Marta

mi mancava solo di scrivervi per mail e quindi eccomi. Scherzo, ti scrivo qui per chiederti uno spazio che esuli dallo scambio di info e consigli, solo per condividere pensieri a caldo o domande poco formulate abbozzate su un foglio che altrimenti resta solo ad ingombrare il comodino, e perché da ogni domanda condivisa ne nascano altre due e questo generi aria. E così si riempia il cuore.

Constant. Una delle volte in cui l’abbiamo visitato era nel letto sporco e digiuno da almeno il giorno prima, in casa con il fratello che non gli ha dato da mangiare perché aveva solo kasava e lui non sa masticare; il latte delle suore non è bollito e nessuno ha procurato legna. In questa casa di perdizione, lui è solo un corpo che ingombra. E questo suo essere ingombrante mi provoca un senso di impotenza, limitatezza, inabilità enorme. E’ solo questo che mi smuove? Cercare il mio posto, il mio raggio d’azione in questa giungla? Che meschinità!

Come si fa a portare questo movimento in uscita, perché non sia l’atto più egoistico che ci sia?
Quanto a Constant, il suo essere “silenzioso” è così disarmante che in realtà crea un rumore gigante. La mamma non compra mai cibo per lui e spesso non gli dà da mangiare per evitare che poi sporchi il letto. Eppure credo che conosca bene la fame.
C’è spazio per l’amore in questa terra di lotte? Dove un figlio disabile può essere così solo da soffrire la fame sotto gli occhi della madre ubriaca, che è così persa da non riuscire ad esserci per lui neanche nella forma più arcaica dell’essere madre?
Dov’è la sacralità della vita in questa mamma dal cuore così perso?

Karidaari. Cosa vuol dire spezzarsi?

Spesso ho la percezione di quanto sia grande il rischio di continuare a spezzarsi, ma in quel modo semplice e povero, quello della gratificazione immediata che potresti fare all’infinito ma che poi ti lascia vuoto e affamato, sia tu sia l’altro.
A volte temo che il mio scendere al karidaari sia uno spezzarsi 38 volte, che forse è necessario e magari anche giusto, ma allora perché non mi basta? Come se volessi andare più in là, ma fino a dove?

A volte mi sembra di dare loro come dei “pezzetti” del mio tempo, del mio amore, ecc per prendere dei pezzetti del loro, ma questo movimento mi svuota anziché riempirmi, perché lo sento spezzato appunto, non intero, non unitario.
Nouwen (o un altro?) dice che in Adam vedeva, trovava, incontrava Dio; io cosa cerco nei bambini del karidaari? Forse qualcosa che non devo cercare in loro?

A volte questo mi fa pensare che forse dovevo aspettare di capirci qualcosa in più prima di tornare qui e potermi davvero rivolgere all’altro, per essere un minimo in uscita e non rivolta in dentro come adesso.
Poi torno giù e Vicent che grida, correndomi incontro con la palla forse è una risposta, ma sai che quando parla non si capisce niente.

Grazie Marta! Ciao!

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