La bellezza è negli occhi di chi contempla

Cinque anni dal primo sciopero globale per il clima: cosa è rimasto?

Cinque anni dal primo sciopero globale per il clima: cosa è rimasto?

Cinque anni fa, il 15 marzo 2019, circa un milione e mezzo di persone sono scese per la prima volta nelle piazze di 2083 città diverse, in oltre 135 paesi di tutti i continenti, dando vita alla più grande azione per il clima mai vista nella storia.
I movimenti ambientalisti sono nati secoli fa, ma nel 2019 ci fu un cambiamento radicale a cui diede inizio Greta Thunberg che nell’agosto del 2018 aveva iniziato a protestare ogni venerdì davanti al Parlamento Svedese per richiedere azioni urgenti per contrastare la crisi climatica. Qualche mese dopo, durante la COP di Katowice la giovane attivista aveva fatto un discorso duro e accusatorio rivolto ai “grandi della Terra” che erano riuniti per discutere del futuro del nostro Pianeta: “Tanto ci avete ignorato in passato e continuerete a ignorarci. Voi non avete più scuse e noi abbiamo poco tempo. Noi siamo qui per farvi sapere che il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no. Il vero potere appartiene al popolo”.

Da lì in poi sempre più persone iniziarono a mobilitarsi e nacque il movimento globale Fridays For Future che il 15 marzo 2019 organizzò il primo sciopero internazionale per il clima. Da quel
momento la storia di FFF la conosciamo tutti: è fatta di piazze colorate, rumorose e colme di persone che rivendicano giustizia climatica e sociale; è fatta anche di incontri tra attiviste e
attivisti provenienti da tutto il Mondo che hanno contribuito a renderlo un movimento eterogeneo e capillare; è fatta anche di relazioni e confronti con il mondo della politica e delle istituzioni.

Oggi, a cinque anni di distanza, cosa rimane di quelle piazze? Cosa rimane di quelle voci, di quelle rivendicazioni e di quelle proposte?

Parto subito da una premessa: sicuramente questa è una fase complessa per il movimento del clima, non solo a livello locale ma anche a livello globale: le piazze sembrano più vuote e il tema climatico non è più così centrale nel dibattito pubblico. Quella che spesso chiamano “onda verde” è andata scemando e la tipica “ciclicità del movimentismo” rende difficile essere sempre costanti. I movimenti sono caratterizzati dalla dinamicità e dal cambiamento: cambiano, si trasformano, assumono facce e forme nuove per continuare a far vivere gli stessi ideali.

Credo che l’eredità che il movimento per il clima nato negli ultimi anni ha lasciato in ognuna e ognuno di noi sia fondamentale e preziosa: consapevolezza, partecipazione attiva, valori condivisi sono parole fondamentali che spero e penso che possano guidare ognuna e ognuno di noi nella propria partecipazione attiva politica e civile.


Dal 2019, il movimento è riuscito a coinvolgere molte persone; dal coinvolgimento nasce la consapevolezza e il nuovo movimento per il clima è riuscito a creare una consapevolezza ambientale e una coscienza critica proprio tra le fasce più giovani, forse per la prima volta nella storia. Noi giovani ci siamo sentiti interpellati e coinvolti e questo ci ha spronati sempre di più a una partecipazione attiva. Tutto questo ha lasciato un’eredità importantissima: da allora ad oggi c’è stata una notevole crescita della sensibilità sui temi ambientali nell’opinione pubblica e la consapevolezza dell’urgente necessità di affrontare i cambiamenti climatici e le sfide ambientali si è diffusa esponenzialmente anche all’interno delle istituzioni.

Oltre alla consapevolezza, penso che quel 15 marzo 2019 abbia lasciato anche un’altra importante eredità: infatti, fin da subito il movimento ha interrogato la politica istituzionale che per decenni si era completamente focalizzata su altri temi. Il movimento per il clima sta svolgendo un ruolo cruciale nel catalizzare l’attenzione delle istituzioni sulle sfide ambientali che minacciano il nostro pianeta e nel mettere pressione sui governi e sulle aziende per adottare politiche e pratiche più sostenibili. In questi anni sono state prese delle decisioni importanti e migliorative, ma non ancora sufficienti. Spesso le Istituzioni hanno risposto alle richieste del movimento ambientalista in modo lento, contraddittorio e confuso. Certamente sono arrivate con un colpevole ritardo e
non sono ancora sufficienti e sufficientemente impattanti.

Nonostante questo, sono state promulgate delle leggi importanti; solo per parlare del 2024, c’è stata già una vittoria: la legge europea sul ripristino della Natura. Sono certa che tutte le politiche adottate dalle diverse Istituzioni- dalla Agenda 2030 alle modifiche degli articoli 9 e 41 della nostra Costituzione in materia di tutela ambientale- non sarebbero state possibili se non ci fosse
stata una mobilitazione così ampia, inclusiva e coinvolgente partita dal basso alimentata da noi persone giovani.

Il “nuovo” movimento per il clima, a partire proprio da quel 15 marzo 2019, ha avuto il grande merito di far parlare di giustizia climatica e crisi climatica quando questi temi non erano trattati ed erano considerati impopolari. L’eredità del movimento è straordinaria: impatto sulle Istituzioni, attivismo giovanile e popolare, ma soprattutto una consapevolezza condivisa che penso guidare ognuna e ognuno di noi nella propria partecipazione attiva politica e civile.

Gaia Sironi

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