La bellezza è negli occhi di chi contempla

Con gli occhi dell’ospitalero

Con gli occhi dell’ospitalero

Sono un pellegrino nell’animo, sono pienamente convinto che la vita tutta sia un pellegrinaggio.
Ho maturato questa sensibilità che piano piano è diventata convinzione durante l’adolescenza; mi affascinano gli incontri, perché percepisco una grande ricchezza quand’anche, spesse volte, posso anche dire “il volto di Gesù” nel prossimo, come magari molti di noi hanno imparato –od anche solo sentito- al catechismo di quando eravamo fanciulli.

Avevo voluto festeggiare i miei primi 30 anni di vita in un modo un po’ particolare perché, con una moglie in attesa, ho vissuto la grande e personale esperienza del Cammino di Santiago.
Avevo solo due settimane scarse e quindi ho dovuto fare una scelta e questa scelta è stata fare la metà del Camino Francese, da Leon a Santiago e poi Finisterrae. A detta di molti pellegrini più “radicali”, quelli che tornano più e più volte ogni anno non solo sul Camino di Santiago, ma percorrono in lungo e in largo ogni possibile percorso –anche quelli nati o scoperti negli anni-, fare metà Camino pare avere poco senso, se non si percorre la via completa.
Chissà, ma io ho ricevuto tanti doni durante quei 340km circa ed un calcolo spannometrico (forse sarebbe meglio dire “piedometrico”) di 380.000 passi che posso essere contento. Doni non solo materiali –un bastone donatomi da un vecchietto di 86 anni che mi ha visto profeticamente da
lontano dicendomi che non sarei mai arrivato senza di quello e chiedendomi di ricordarlo in una preghiera, si chiamava Dionisio come il nostro Cardinal Tettamanzi a quel tempo-, doni non solo fatti di incontri -3 cognati spagnoli preziosi, con i quali ci siamo fino a oggi sempre tenuti in contatto ed abbiamo anche vissuto alcune vacanze insieme con le nostre famiglie-, doni che si sono fatti piano piano stile della mia vita e del mio
pensiero.

Doni che, ora, sento devo restituire in qualche modo.

Ed ecco che, sempre grazie ad altri preziosi incontri, mi si è presentata l’occasione di partecipare a fine gennaio ad un incontro organizzato a Bologna dalla Confraternita di S.Jacopo di Compostella per aspiranti ospitalieri.
Sì, credo che restituire un dono, vivendo il cammino con gli occhi dell’ospitalero, sia una cosa preziosa; se penso agli ospitalieri che ho incontrato sul mio cammino, ricordo in particolare due incontri molto arricchenti, il primo a metà cammino, sotto un diluvio che non ci lasciò praticamente per 2 giorni di cammino e il secondo proprio all’ultima tappa, quando tutto si è compiuto di fatto e l’ultima sera è davvero quella più ricca di emozioni e di significati.

Mi sento felice di poter provare a vivere un’esperienza così e sono stato altrettanto contento dell’approccio impostato in questo incontro, oltre al fatto che questa confraternita ha proprio uno stile ed un’ispirazione cattolica, alla quale mi sento molto vicino.

Durante l’incontro è stata proposta una riflessione molto semplice e molto bella sulla figura di Abramo e del suo rapporto con Dio. Abramo a cui Dio, ad un certo punto della sua vita, gli cambia anche il nome (Gen 17,5), aggiungendo una H, Abraham.
Il cambiamento di nome sembra in effetti un piccolo dettaglio poco significativo, tanto che nelle traduzioni il nome resta sempre lo stesso, ma l’inserimento di una “h”, che è una lettera aspirata, significa che la sua vita è interiormente mossa dallo Spirito.

Faccio mie e vi propongo le parole di Monica, priore per l’Emilia Romagna e “padrona di casa” dell’incontro, che ci hanno raggiunto nei giorni seguenti:

“Durante l’incontro abbiamo provato a riflettere sull’essenza dell’ospitalità con il testo di Abramo, che vi allego, nel caso voleste conservarlo.
Tra le cose che mi colpiscono di questo scritto è il discorso dell’amicizia con Dio. Abramo è diventato amico di Dio. Cerca e trova, nella pace di una vita matura, l’amicizia con Dio, il sorriso di Dio. Nella pace di una vita maturatasi sulle strade… tranquillamente straniero e pellegrino… ha visto che Dio sorride ai suoi amici: ciò lo rincuora e lo ha reso forte, sicuro che c’è un amore che vince tutto.
 
Il mio augurio è che ciascuno possa prendere lo spunto che serve per arrivare a sorridere con Dio… e con lui lavorare per la salvezza delle persone che ci capiterà di avere di fronte.
 
In tutti voi abbiamo visto attenzione e desiderio. Noi abbiamo provato a trasmettervi il nostro entusiasmo e la nostra esperienza. Sappiamo che non è semplice fare l’ospitaliere ma in questi anni abbiamo anche visto che ciascuno custodisce talenti unici e che abbiamo sempre da imparare, reciprocamente.
Lì dove smettiamo di fare i conti e lasciamo che valga solo l’economia del dono allora cose fantastiche nascono.
Sappiamo anche che fare l’ospitaliere non è sempre e solo poesia. Comunque le delusioni e la fatica non ci faranno desistere dall’accogliere con un sorriso chiunque si presenti alla nostra porta. A ciascuno continueremo a donare il nostro tempo e il nostro cuore. A tutti offriremo la pace della casa. Sarà facile con tutti gli splendidi pellegrini che spesso ci troviamo ad accogliere; sarà più difficile con chi non vuole essere “veramente ospitato” e non ha il coraggio di confessarlo al proprio cuore. Sarà una sfida: fargli ritrovare il cuore ospitale e la pace. Noi siamo nell’ospitale anche per quello.”

Mi è piaciuta molto questa immagine della “pace della casa”, perché è una delle cose che ciascuno ricerca nella propria vita. Quale, infatti, posto migliore della pace che ciascuno assapora nella sua casa, tra i suoi cari?
Che bello poter vivere questa esperienza anche fuori casa, laddove volontari credono e fanno vivere tale esperienza a perfetti sconosciuti che in quel momento non lo sono più!
Ecco, questa è l’immagine che mi porto nel cuore, questo lo stile che mi piacerebbe poter vivere e far vivere quando riuscirò a trovare una settimana di ferie disponibile e sarò chiamato ad offrire al pellegrino, mio compagno, questa esperienza.

All’incontro eravamo in circa 40 nuovi aspiranti ospitalieri, provenienti da parecchie diverse parti del nord Italia e ci siamo presentati in poco tempo a tutti, uno ad uno, per poi approfondire nel corso della giornata e poi durante il giorno seguente, quello che ciascuno è.
Certamente non posso affermare dire si tratti di un tempo sufficiente per avere certezze e tirare conclusioni ma posso dire con serenità che ho percepito forte questo pensiero: siamo tutti pellegrini in questa vita che ci è stata data come inestimabile dono, ciascuno con i suoi talenti più o meno visibili, ciascuno con la particolarità ed unicità che ci contraddistingue, pronti per esser dono vivente per gli altri.
Ognuno che percorrerà la sua strada, certamente, ma con una meta uguale per tutti.

Ognuno, parafrasando il beato Carlo Acutis, originale, per non morire come delle fotocopie.

Buen camino,

Fabio

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