Toccare con mano
A nessuno verrebbe in mente di mangiare intenzionalmente un cibo contaminato da un battere o di toccare una superficie contaminata da un virus. La pandemia, poi, ha messo un forte accento sui rischi di contaminazione, rendendoci iper-attenti e scrupolosi: non toccare, metti i guanti, lavati subito le mani, igienizza tutto, pulisci con cura quelle superfici.
Qualcosa di contaminato è, da sempre per noi, qualcosa di dannoso, da cui tenerci alla larga.
È sufficiente che due elementi si tocchino, o si sfiorino, perché quello contaminato possa intaccare l’altro. Può essere questione di una frazione di secondo. E può essere anche che qualcosa di molto piccolo arrivi a diffondersi in larga misura e a provocare danni molto grandi (come non citare, ancora, quel minuscolo Coronavirus che ha profondamente cambiato le nostre vite!).
Un tocco. Un attimo. L’equilibrio che c’era prima viene rotto; inizia qualcosa di nuovo e diverso.
Siamo tanto preoccupati di ciò che non bisogna toccare; ma abbiamo la stessa preoccupazione nel cercare ciò da cui lasciarci toccare…e contaminare? Se inventassimo un libretto delle “contaminazioni obbligatorie”, accanto a quello delle vaccinazioni obbligatorie, da cosa ci lasceremmo contaminare?
Quando diciamo “toccare con mano” rimandiamo ad un’esperienza reale, vissuta, sperimentata sulla nostra pelle. Scegliamo cosa toccare con mano.
Non dimentichiamo, poi, che noi stessi possiamo contaminare. Anche il nostro tocco può dare origine a tanto. Chi, dove e come vogliamo contaminare?
Sembra una ricetta semplice. Tocca: hai contaminato! Tocca con il bene: hai contaminato con il bene! Eppure i frutti della contaminazione sono spesso invisibili, almeno nell’immediato. Sono come quel seme gettato nel terreno: chissà se il contadino ne ha visto i frutti!
Contaminare allora richiede gratuità e pazienza. Buona contaminazione!
Silvia C.
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