Conversione può sembrare una parola che ha a che fare con qualcosa di eccezionale, importante, lontano dalla vita di ogni giorno. Se si pensa ai grandi santi che hanno fatto esperienza di conversione (Matteo, Paolo, Agostino…) quel momento appare decisivo e straordinario nel loro vissuto, per nulla quotidiano.
Tant’è che viene normalmente raccontato come un momento unico: da qual momento in avanti la loro vita cambia per sempre.
Vi è però anche una forma più ordinaria, e quindi a noi più vicina, di conversione. Una conversione che non è una volta per sempre, ma giorno per giorno. È quella conversione dello sguardo e del giudizio che permette di guardare ogni giorno in modo nuovo l’altro, senza incasellarlo una volta per sempre, ma lasciandogli la capacità di stupirci.
Facendo l’insegnante e l’educatore, provo a vivere ogni giorno questa conversione: quando di fronte a un ragazzo oppositivo o violento tento a scorgere la sofferenza di un vissuto; quando davanti a una fragilità mi sforzo di intravvedere spiragli di potenzialità; quando quel ragazzo che per tutti è sempre stato visto in un determinato modo, ti mostra che non è solo questo, che è
molto di più, ti stupisce, ti chiede di guardarlo in modo nuovo: ti chiede conversione.
Senza nulla togliere alle grandi conversioni, credo sia questa conversione quotidiana a caratterizzare maggiormente lo stile cristiano. Non a caso è questa conversione che caratterizzò il vissuto di Gesù stesso: quando guardò un comune pescatore e ne fece il capo della Chiesa, una prostituta e ne fece una santa, un pubblicano e ne fece un martire…
Come Gesù, alla sua sequela, siamo chiamati a andare oltre ciò che appare, a convertire il nostro sguardo e costruire così un mondo nuovo.
Gabriele
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