Per provare a dire qualcosa della mia esperienza di vita cristiana in famiglia parto da quello che, soprattutto i primi anni di matrimonio, è rimasto un problema irrisolto. Io e mia moglie condividiamo entrambi la fede cristiana, abbiamo scelto il matrimonio come una vocazione, ossia come risposta d’amore all’amore che abbiamo ricevuto. Da parte delle nostre famiglie anzitutto e, attraverso di loro e di tante altre persone
incontrate sul nostro cammino, da parte di Dio.
Abbiamo frequentato diversi corsi di preparazione al matrimonio, quello parrocchiale, ma anche ad Assisi dove abbiamo scoperto una Parola realmente capace di illuminare la nostra scelta. Il nostro desiderio era ed è quello di creare una famiglia in cui Gesù e il Vangelo fossero presenti, fossero uno dei cardini su cui fondare tutto il resto.
Ma una volta sposati ecco il problema: la difficoltà a pregare insieme. È qualcosa che sin dall’inizio ci è apparso molto complicato. Paradossalmente più complicato da sposi che da fidanzati. Non perché non lo desiderassimo o fosse difficile condividere tra noi questa dimensione: prima del matrimonio ci capitava spesso di pregare insieme. Ma i ritmi quotidiani, la routine di tutti i giorni, la fretta la mattina, la stanchezza alla sera, i pranzi coi parenti la domenica… lo spazio per la preghiera non c’era mai.
Nella nostra casa abbiamo un angolino dove c’è un’icona, una Bibbia aperta, un’ampolla con il nardo, preso insieme in pellegrinaggio in Terra Santa. Ma è diventato un angolino poco frequentato. Da quando è nato nostro figlio
poi, anche quelle poche attenzioni che riuscivamo a custodire si sono perse quasi del tutto.
Per un po’ abbiamo vissuto questa situazione con un po’ di tristezza, come una mancanza, come se l’assenza di preghiera insieme significasse non realizzare il desiderio di rendere Gesù presente ogni giorno nella nostra vita. A poco a poco però questa tristezza ha lasciato spazio a un’altra consapevolezza. Abbiamo ripensato alle tante parole ascoltate e abbiamo capito che non è vero che senza preghiera Gesù non è presente nella nostra vita. Perché se è vero che il matrimonio significa amare Dio attraverso il proprio marito o la propria moglie, e poi attraverso l’amore per i figli, allora Dio è presente in ogni piccolo gesto quotidiano.
Essere una famiglia cristiana significa questo, dare e ricevere amore, sapendo che l’amore che ci si scambia l’un l’altro è Dio presente in mezzo a noi.
Credo che a volte si rischi di pensare alla vita cristiana come divisa tra il tempo dedicato a Dio e il tempo per
il resto della vita. E di sentirsi in colpa se la vita non lascia spazio a tempo per Dio.
Ma forse la vera sfida non è trovare tempo per Dio ma far diventare tempo di Dio ogni singolo gesto, ogni parola, ogni sguardo. E la famiglia è uno dei luoghi privilegiati in cui questo può avvenire.
Gabriele Cossovich, “giovane” marito, papà, educatore
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