“E’ un assassino” – “Mettetelo in galera e buttate via le chiavi!” – “E’ un mostro” – sentiamo sentenziare da chi è pronto a condannare un uomo colpevole di reati assai gravi.
“Suo figlio, signora, ha meritato l’insufficienza perché non studia…” – inviperita, l’interrompe la mamma: “Ma come? Se è sempre chiuso nella sua camera intento a studiare! “- “Signora, questa è la mia valutazione!” – “E io ricorrerò al TAR…” e la mamma di cotanto pargolo lascia il professore e, senza salutare, abbandona la sala docenti.
“No, no, no: era entrato in porta! E’ l’arbitro che è venduto!” – si sgola il tifoso allo stadio.
“La colpa è di quel delinquente che ha invaso il territorio altrui.” – giudica il ragazzo che neanche sa dove si trovi il paese aggredito di cui si parla.
Viviamo in una società di tuttologi: ognuno si costruisce la sua realtà che si manifesta attraverso la parola, ma pochi prendono coscienza del pensiero che esprimono. Eppure prendere coscienza della responsabilità dei giudizi rientra nel cammino di umanizzazione che è compito di ogni essere umano. Si è superficiali, si ripetono giudizi che si sono uditi al bar. Parole senza un giudizio approfondito che
rimbalzano, talvolta trasmesse con un gergo incomprensibile, spente, in un cuore inaridito.
Il giudizio diventa allora ira, indignazione, urla, che impongono la distanza con gli altri, rifiuta il rispetto, l’ascolto e il dialogo.
Per poter giudicare una persona, un fatto occorre avere una coscienza critica: ognuno crede di esserne dotato a sufficienza, al contrario si lascia guidare non dal pensiero, ma dai preconcetti. Bisogna saper meditare sugli avvenimenti e riflettere, vedere quale può essere il giudizio, dopo averlo contestualizzato. In realtà, si continua a storpiare la parola appresa da altri, mistificarla, presentarla come vera, pur sapendo che è falsa.
Anche nel perverso sistema delle comunicazioni un falso giudizio ha il potere di intervenire sulla realtà. Attraverso internet i giudizi poi vengono storpiati. Si è pronti a giudicare e a condannare, ma pochi giudicano e condannano sé stessi. Meno ancora sono coloro che vanno alla ricerca della verità, si informano, leggono, ne parlano a scuola, in famiglia.
Il bambino non ha capacità di giudizio, ma deve essere educato a distinguere il bene dal male, il vero dal falso, il bello dal brutto. Noi anziani ormai stiamo perdendo la capacità di giudicare a causa dell’annebbiamento delle nostre menti. Non restano che gli adulti a formare la coscienza morale capace di dare un giusto discernimento.
Quanto si investe giustamente in corsi di nuoto, in fitness e palestra, in scuole di musica perché i figli siano addestrati e palestrati? E che cosa si fa per educare al giudizio, alla critica, alla formazione di una coscienza morale, al carattere? Spesso volentieri i giovani si lasciano influenzare dalle opinioni altrui a discapito delle proprie convinzioni. La mancanza di una propria opinione ha bisogno di una persona matura e forte per attribuire alle argomentazioni degli altri il proprio vero valore.
Questo è il compito dell’educatore!
Edoardo Zin
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