Giovanni 5, 37-47
Il Padre che mi ha mandato, egli stesso ha reso testimonianza di me. La sua voce, voi non l’avete mai udita; il suo volto, non l’avete mai visto; e la sua parola non dimora in voi, perché non credete in colui che egli ha mandato.
Voi investigate le Scritture, perché pensate d’aver per mezzo di esse vita eterna, ed esse sono quelle che rendono testimonianza di me; eppure non volete venire a me per aver la vita!
Io non prendo gloria dagli uomini; ma so che non avete l’amore di Dio in voi.
Io sono venuto nel nome del Padre mio, e voi non mi ricevete; se un altro verrà nel suo proprio nome, quello lo riceverete. Come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri e non cercate la gloria che viene da Dio solo?
Non crediate che io sia colui che vi accuserà davanti al Padre; c’è chi vi accusa, ed è Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza. Infatti, se credeste a Mosè, credereste anche a me; poiché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come crederete alle mie parole?»
Da una prima lettura di questo brano mi stupisce, innanzitutto, il tema “dell’essere fermi” sulle proprie posizioni: sembra che Gesù stia evidenziando e ammonendo i Giudei (e probabilmente anche me!) di non rimanere attaccati e stabili sulle proprie idee, ma di rendersi docili e in cammino verso la relazione con il Padre (e, di conseguenza, con i fratelli).
Se non c’è una mia effettiva disponibilità e propensione a lasciarmi toccare il cuore, la voce di Dio non potrà giungere in me: è una parola di verità quella che può davvero essermi d’aiuto ed è la mia responsabilità quella che viene chiamata all’appello. Se riesco veramente a chiedere allo Spirito la grazia per riconoscere e accogliere l’amore del Padre, allora anche le realtà più faticose troveranno un senso.
Credere, quindi, significa proprio lasciare andare le mie pretese di possedere le soluzioni per tutto e abbandonare le maschere che spesso indosso, per dire di sì alla verità di essere figlio amato: ed è la logica del Vangelo che può dare a ciascuno di noi quello spunto e quel salto di qualità che allontana le apparenti certezze di un mondo vacuo.
– In che modo posso accogliere oggi l’amore di Dio per me?
– Di quale parola buona mi nutro quotidianamente?
– Penso ad un’occasione in cui ho testimoniato l’amore del Padre: che cosa mi ha spinto a farlo e che cosa mi ha trattenuto, invece, in altri momenti in cui non sono riuscito ad essere testimone?
Il Signore sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto.
Il suo regno è regno di tutti i secoli, il suo dominio si estende ad ogni generazione. (Sal 144)
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