Mt 1, 20b-24b
Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse:
«Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio
che sarà chiamato Emmanuele,
che significa Dio con noi.
Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.
Dio si manifesta nella vita di Giuseppe come un fulmine inatteso: lo illumina o lo sconvolge?
Questa è la domanda di fondo che emerge: quando io non son più in grado di rimanere in comunione con il Padre, è il Padre che si fa incontro a me.
La salvezza, cioè la manifestazione del disegno di Dio nei confronti dell’uomo, trova il suo pieno compimento nel Verbo che si fa carne.
Quando io non sono più in Lui e con Lui, egli non rinuncia ad essere con me, con l’umanità: la promessa si fa quotidianità perché davanti a me che mi nascondo per paura, Dio accorcia le distanze e si pone accanto facendosi con me e come me.
Il legame di fiducia che il Padre aveva desiderato con ogni uomo diventa nuovamente possibile perché Dio ci offre una nuova
possibilità all’interno di un cammino di perdono e di grazia, trasformando i gesti di paura in familiarità e le azioni di imbarazzo in misericordia.
– Ho fiducia in Dio?
– Quanto riesco a lasciare che la Parola possa entrare nella mia vita lasciandole libero spazio di creazione? Quanto, invece, mi celo per non abbandonarmi a Lui?
Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo,
intendi da lontano i miei pensieri,
Osservi il mio cammino e il mio riposo,
ti sono note tutte le mie vie.
(Salmo 139)
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