So della malattia di Desiree ormai da più di sei mesi.
Desiree, la figlia danese di Beatrice, mia compagna di giochi di sabbia sulla spiaggia di Andora, è una giovane donna bionda e dolce così innamorata della solarità della luce mediterranea da lasciare con il marito irlandese David, un giorno di tre anni fa, la verde, ma fredda Irlanda e venire a vivere su un poggio affacciato sul mare di Liguria nella bella casa ereditata dalla nonna.
In questa casa lei e David hanno concepito Luna che è venuta alla luce all’inizio di quest’anno.
Una immensa gioia e una grande festa.
Tuttavia accompagnata, nel fondo del cuore, da una vena di malinconia perchè Desiree già aveva intuito, durante la gravidanza, come qualcosa nel suo corpo non fosse proprio a posto.
Quando, dopo un parto lungo e sofferto, la bimba si è affacciata alla vita, Desiree ha sentito che era arrivato il tempo di affrontare senza indugi quel suo strano disturbo. La diagnosi è arrivata dopo circa un mese e non è stata buona: un tumore maligno si era annidato nel suo seno sinistro.
La gravità del male non poteva essere sottovalutata- parole dei medici- bisognava partire subito con la chemio per poi operare.
Cominciarono per Desiree settimane di grande impegno e passione.
Passione giocata tra le due sue tipiche accezioni: passione come gioia per Luna, ma anche passione come sofferenza per la malattia.
Ricordo quando la incontrai la prima volta con Luna: mi accolse con un grande sorriso, raccontandomi con particolari ricchi di gioia e soddisfazione i preparativi, le ore del travaglio, il momento intensissimo del parto: tutto bello, coinvolgente, accolto con gioiosa fatica.
Ma dalle parole, pur dietro il sorriso sincero, traspirava la consapevolezza di come, nel periodo più bello della vita di una donna, proprio la vita l’avesse chiamata – in maniera in un certo qual modo crudele e ingiusta – a dover conciliare l’impegno di trasmettere dolcezza, cura e amore, con la necessità di metabolizzare dubbi e paure per l’immediato futuro della sua bimba e e quello proprio.
Un mix di una durezza assoluta.
Lentamente, giorno dopo giorno, lo sfiancante iter delle visite, degli esami, delle applicazioni ha inesorabilmente segnato le giornate di Desiree, mostrandosi nei suoi effetti più evidenti: perdita di capelli, ingrossamenti inflitti dal cortisone, pallori e stanchezze continue e diffuse.
Ma mirabilmente più questi effetti minavano il suo corpo di donna, più la sua sensibilità materna per Luna sprigionava in lei inaspettate forze e decise volontà di andare al di là del contingente.
Una volta al telefono mi disse senza alcuna finzione: “Luna mi sta aiutando a vivere nel modo giusto la mia malattia, senza di lei non ce l’avrei mai fatta”.
Ed è stato davvero così.
Quando lo scorsa settimana in vacanza al mare l’ho invitata a casa per mostrarmi, trascorsi alcuni mesi, la figlioletta, la sua crescita, il suo sviluppo fisico e cognitivo, mi sono piacevolmente trovato a parlare con una persona autentica; sì calva, sì pallida e ingrossata, ma serena, motivata, capace di raccontarmi solo cose belle della sua vita di madre al servizio della figlia, con una semplicità, una consapevolezza, un equilibrio davvero meravigliosi.
Le sue preoccupazioni, i suoi disagi, le sue paure: tutto in secondo piano.
C’era in lei solo una gran voglia di vivere e di comunicare vita.
Ho capito quanto fosse del tutto secondario interessarsi alle problematiche dei suoi giorni difficili, era molto più importante invece godere di quei momenti sereni, così come si presentavano nella loro semplicità.
Luna in braccio, Desiree si alzava di tanto in tanto per dondolarla un po’ e parlarle con quella dolcezza che sola le mamme sanno donare ai loro figli, poi si rivolgeva a me e mi chiedeva di noi, delle nostre vite, dei nostri affetti, del nostro nipotino.
Tutto immediato, diretto, lieto.
Tuttavia, al momento di uscire da casa mia perché, pressata dagli strilli di una Luna ormai stanca e affamata, Desiree mi ha detto: “Scusa se non stata troppo presente e attenta, ma sai …. non è facile, dopo tutto, sai, ad ottobre ci sarà l’intervento ….”.
Ecco, questo suo dire sussurrato e delicato mi ha colpito nel profondo.
Una volta di più ho percepito quanti diversi “io” vivano in noi e come, continuamente, si avviluppino in un nodo inestricabile nel nostro essere.
Questo hanno espresso le ultime parole di Desiree, nonostante la sua forza interiore.
La nostra mente infatti cerca di guidare comportamenti e stati d’animo per dominarli e modellarli. Ma questo non riesce sempre e talvolta questi diversi “io” riaffiorano, forse giustamente perché anch’essi sono nostri.
Sta a noi – e in questo Desiree mi è maestra di arte esistenziale – essere capaci di tenerli il più possibile in equilibrio.
Con la coscienza però che è un equilibrio instabile, perché questa è la cifra dell’intimo del cuore.
Ma è giusto che sia così, perchè siamo uomini, creature capaci di tanto, ma comunque limitati dalle nostre fragilità.
É per questo, in fondo, che chiediamo con i nostri comportamenti di essere amati per come siamo, con le nostre qualità e le nostre debolezze, pur consci di essere sempre mancanti di qualcosa.
Anche per questo è bello essere umani!
Diego
3 comments
Lucia
11/09/2021 at 8:03 amVerissimo questo groviglio dell’umano che è in noi: bisognosi,eppure non definiti dal limite,ma dalla sete di vita, di vita infinita (quella che chiamiamo ETERNA,non è infatti un al di là).
Un bambino è emblema di ciò che siamo,perché noi SIAMO BAMBINI, che consistono soltanto nel rapporto con quel Tu che “ci fa”.
Grazie Desiree.
Maria Giulia
11/09/2021 at 8:46 pmSarà perché forse conosco Desiree, Luna e Dave ma il loro è un esempio di inno alla vita…quando l’IO, o gli io, di ciascuno diventa NOI per essere ancora più forte in questo equilibrio instabile della vita! Forza Desiree!
luigi coppola
15/09/2021 at 9:02 am15 gg fa ho vissuto un forte dolore per la scomparsa della mia amica per colpa di un tumore alle ovaie, alla prematura età di 46 anni. Leggendo le tue parole, mi sono sentito un attimo piu’ sollevato dal dolore.
Ho già vissuto una situazione simile con mia madre, ma questa volta è stata ancora più dolorosa, perchè già “conoscevo il film”…
Sei una bella persona, Diego!
Luigi