La bellezza è negli occhi di chi contempla

Il mondo in una stanza

Il mondo in una stanza

Dopo il Festival della Missione, svoltosi a Milano dal 29/9 al 2/10, pubblichiamo ogni settimana di ottobre, mese missionario, un articolo di esperienze diverse, che arricchiscono il nostro solito sguardo sul mondo, già bello e variegato!

 

Agosto 2022. Bihać, nord-ovest della Bosnia ed Erzegovina. Campo di transizione per migranti di Lipa, confine con la Croazia.
Per due settimane ho potuto vivere una grande esperienza di missione, partecipando ai “Cantieri della Solidarietà” della Caritas Ambrosiana. Ho avuto modo di conoscere una parte di mondo che non avevo mai visto e comprendere quanto sia più complesso e sfaccettato di quanto sembri.

Due sono le parole che mi sono portato a casa e che possono aiutare a riassumere questa esperienza: sorrisi e ingiustizia.

Gli sguardi sorridenti dei ragazzi ospiti al campo sono stati una vera sorpresa. Noi volontari dei Cantieri e i quattro ragazzi del Servizio Civile Universale di IPSIA ong siamo stati accolti ogni giorno con sguardi entusiasti e gentili. Il servizio al Social Cafè, container di ristoro e spazio ricreativo, era scandito da chiacchierate, partite con giochi vari, laboratori creativi e tornei.

L’obiettivo era, ed è, fare in modo che il loro tempo non sia solo scandito dalla ricerca di attraversare il confine (il cosiddetto “Game”), cercare di non farli “vivere alla giornata” ma provare a dare un poco di leggerezza nelle difficoltà che devono affrontare.
Nessuna differenza di lingua, “razza”, cultura o credo religioso si contrapponeva nella relazione tra le persone. Eravamo lì e ci godevamo semplicemente il tempo di stare insieme.

Abbiamo conosciuto più una dozzina di culture, parlato diverse lingue e ascoltato storie di vita.
Quasi nessuno, però, ha mai sentito parlare di Lipa. Uno dei “Temporary reception centre” più grandi d’Europa, 1500 posti a 800 metri di altitudine e a 25 km dal primo ospedale. Al campo sono presenti solo uomini, in quanto donne e bambini sono in un campo minore a Bihać,
L’età media è circa venticinque anni e tutti cercano un futuro migliore, cercano di rifarsi una vita.


Quando ci si ferma a riflettere, quando ritorni in aereo nella tua comoda casa, è qui che la mente inizia a lavorare sul significato della parola ingiustizia. Essa regna sovrana, lascia “l’amaro in bocca” ed è molto meno visibile di quanto si pensi.

Salgono subito alla mente alcune frasi tipicamente famose:
Ci rubano il lavoro”. Molti ospiti sono studenti, persone di cultura e grandi capacità pratiche. A detta di alcuni, qualsiasi occupazione andrebbe bene, vogliono solo lavorare.
Occuperanno il nostro paese”. Meno di un quarto dei ragazzi ha come meta l’Italia.
Aiutiamoli a casa loro”. Non serve descrivere, per esempio, il regime talebano per comprendere come questo obiettivo non sia possibile e tanto meno realizzabile pienamente.
Perciò, ogni volta che pensiamo “ma perché non rimangono a casa loro?”, ragioniamo: Chi starebbe in un paese dove non arriveremmo a fine mese?
Come faremmo a stare in un luogo dove il nostro modo di pensare, parlare o solo vestire è un problema?
Rimarremmo in uno Stato dove posso perdere le persone a cui tengo, per una frase di troppo?
Come potrei vivere dove la mia presenza è reputata scomoda?

L’ingiustizia è spesso molto più vicina e nascosta di quanto si pensi. A meno di 800 km da noi, in una stanza si incontrano decine di uomini, provenienti dai quattro angoli della Terra. Sanno da dove vengono ma non dove andranno.

Basta però fare un passo, piccolo, verso l’altro perché le cose possano cambiare radicalmente in meglio, per poter condividere un futuro migliore.

Lorenzo Farè

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