La globalizzazione è ormai un termine ricorrente e noto a tutti. A questa consolidata tendenza, con pregi e difetti, non si sottrae il mondo vegetale.
Alla innata propensione “colonizzatrice” delle varie specie vegetali, si è aggiunta e sovrapposta la passione e l’entusiasmo dei botanici che da secoli hanno cercato nei più remoti angoli del mondo varietà, definite esotiche e importate, non solo per motivi scientifici ma anche per soddisfare ragioni utilitaristiche o estetiche. Questa continua immissione di specie ha però, non raramente, prodotto effetti indesiderati, creando difficoltà a quelle native (autoctone), ad esempio per la rapidità di crescita o la resistenza alle malattie.
I dati forniti da IPBES (programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) ci dicono che risultano ormai modificati il 66% degli habitat originari marini e il 75% di quelli terrestri. Nella Pianura Padana, anche in ragione dei consistenti livelli di urbanizzazione, probabilmente queste percentuali sono addirittura ancora più alte.
Le foreste di pianura risultano quasi totalmente estinte e qua e là, in aree residuali, sopravvivono, seppur spesso in pericolo, macchie boscate di modesta entità, solitamente di carattere ripariale che contornano fiumi e, qualche volta, rogge, canali e fontanili. Fra le specie che le compongono, molte sono introdotte da tempo e quindi considerate “naturalizzate”, una su tutte la robinia, ce ne sono alcune endemiche e fra queste c’è il pioppo.
Un vero gigante per mole, seppur poco longevo, che cresce rapidamente e può raggiungere i 30 mt di altezza.
Il pioppo nero ha una sagoma facilmente distinguibile anche da lontano, massiccia con chioma un po’ disordinata. Quello bianco ha una livrea candida specie in giovane età, inconfondibile. Poi c’è il tremolo, disinvolto e incline al bisbiglio al minimo refolo di vento.
Singolare la silhouette del pioppo cipressino, conosciuto all’estero come pioppo lombardo, dai rami folti ed appressati al fusto. E ancora quello grigio considerato un ibrido derivato dall’incrocio tra il pioppo bianco ed il tremolo, dalle foglie tomentose e maggiormente presente in zone umide. E ancora una moltitudine di ibridi coltivati per la produzione di legno, anche se poco durevole e soprattutto utilizzato per imballaggi, compensati, truciolati e impiegato nell’industria cartiera.
Il pioppo per la sua versatilità ad adeguarsi ai più diversi ambienti e condizioni e la sua indole colonizzatrice pare, al momento, una specie non minacciata dal cambiamento climatico. Una buona notizia!
L’Associazione Bosco dei 100 Frutti, con sede a Bareggio, si impegna nella tutela e nell’incremento della biodiversità tramite il lavoro sul campo (messa a dimora di alberi e arbusti) e attività educative e divulgative.
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