Una delle migliori biblioteche al mondo di Islamistica medievale, ossia un archivio a libero accesso specializzato in testi religiosi composti tra il VI e il XVII secolo d.C. di etica, condotta morale, diritto, filosofia, teologia, mistica islamica, esegesi coraniche e tradizioni profetiche (riguardanti Muḥammad) si trova a pochi passi dalla “Piazza dell’Aleppino”, proprio dietro l’Università di al-Azhar (la cosiddetta – un po’ troppo sbrigativamente – sede del “vaticano” dei musulmani sunniti), nel Cairo antico. Niente di strano, non foss’altro che questa enorme biblioteca appartiene all’ordine dei Domenicani.
L’Istituto Domenicano di Studi Orientali (abbreviato in IDEO) non è una novità: da 70 anni l’istituto studia la religione islamica, pubblica ricerche, sforna edizioni critiche di opere religiose islamiche, forma laici e religiosi al dialogo interreligioso, e mantiene vive le relazioni tra il mondo musulmano egiziano (e non) e il cattolicesimo.
L’Istituto (e il convento accanto, con un bel giardino pieno di piante “bibliche”) conta tra i suoi fondatori dei personaggi di prim’ordine: Georges Chehata
Anawati, esperto di teologia islamica e tra coloro che parteciparono alla stesura del documento del Concilio Vaticano II Nostra Aetate; Serge de Beaurecueil, esperto di mistica islamica in lingua persiana, visse più di 20 anni in Afghanistan dove insegnò all’Università di Kabul; Jacques Jomier, specializzatosi in studi coranici, fu professore al Cairo, a Mosul (Iraq) e a Ibadan (Nigeria), e infine a Tolosa (Francia), nonché consigliere per il Dicastero per il dialogo interreligioso.
Ma anche il futuro sembra brillante, con sempre nuove energie da dedicare allo studio dell’altro religioso (nella foto, gli attuali confratelli dell’IDEO).
Appena posso torno in quel luogo di pace nel mezzo del caos cairota, l’ultima volta qualche settimana fa.
Mi sorprende sempre la vita di questi confratelli nella fede che compiono la liturgia delle ore un po’ in francese, un po’ in arabo.
Radicalmente cristiani, spendono però tutte le loro energie su polverosi manoscritti di grammatica, su teologi che la pensano molto diversamente da
Tommaso d’Aquino, su giureconsulti famosi per aver scritto testi apologetici contro il cristianesimo, su mistici che sì, tendono a Dio, ma per “stazioni” e “stati” spirituali spesso diversi da quelli, meno strutturati e più personali, dei mistici cristiani.
Eppure, è in luoghi come questi, di frontiere intellettuali, che la Chiesa respira: in apertura forzata, sfidata – quando non proprio attaccata – incessantemente nelle proprie certezze, in terra ospite e non ospitante, dall’altra parte del Mediterraneo, minoritaria, silenziosa ma estremamente laboriosa.
L’attuale priore del convento si chiama Adrien Candiard, ed ha appena sostenuto una tesi di laurea a Parigi su un teologo che viene spesso preso come punto di riferimento da gruppi fondamentalisti odierni. Adrien, nel suo sforzo accademico, ha cercato di problematizzare una figura estremamente complessa, a volte anche “manipolata” per giustificare l’ingiustificabile. Ma in Italia, Adrien è conosciuto soprattutto per i suoi saggi di spiritualità, piccole perle di grande profondità su libri sconosciuti della Bibbia, sulla speranza, sulla tolleranza, sulle apocalissi del nostro tempo, sulla fede.
Libri brevi, ma che fanno tanto bene al cuore e allo spirito. Con l’inizio dell’anno, mi sento di proporne uno sulla speranza: “La speranza non è ottimismo. Note di fiducia per cristiani disorientati”.
Ed è questa la doppia anima dell’IDEO, e di una Chiesa piena di speranza, sempre più in uscita e in ascolto: profili “alti”, capaci di dialogare con l’altro, con chiunque altro, ma saldi nella fede, come ci ha chiesto Benedetto XVI con le sue ultime parole.
RP
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