Gv 10, 27-30
Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è
più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. Io e il Padre siamo una cosa
sola.
Posso avere il coraggio di essere pecora?
In un mondo in cui “essere una pecora” viene paragonato a “seguire il gregge, seguire la massa”, la Parola di oggi ci ricorda che le pecore sono coloro che vivono un’intimità spirituale con il Padre, basata sull’ascolto e sul farsi discepoli, coltivando nella vita una relazione regolare e assidua con Lui.
Nel Vangelo, l’essere pecore/l’essere gregge rappresenta ciò che sta più a cuore al pastore e che offre una peculiare relazione tra i due: la conoscenza che il pastore ha nei confronti di ciascuna fonda la sequela e non il contrario!
Questo è ciò che stimola, e allo stesso tempo caratterizza, il mio vivere da cristiano: l’intuire la Sua voce, il lasciarmi conoscere da Lui, il lasciarmi amare da Lui … un crescendo che prende a pieno mente, cuore, Vita.
Ciascuno/a di noi, quindi, che si fa intimamente ascoltare e si fa conoscere da Dio “segue” il figlio come suo unico Pastore. E quest’ultimo si lascia pervadere dall’odore delle proprie pecore.
– Quali spazi e momenti nella mia vita quotidiana dedico in modo particolare all’ascolto della Parola di Dio?
– La testimonianza implica coraggio, fede e sequela: quali certezze mi animano quando incontro difficoltà e ostacoli?
– Mi sento: parte del gregge, fuori dal gregge o al di sopra di esso?
Acclamate al Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza.
Riconoscete che il Signore è Dio;
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.
Buono è il pastore,
eterna la sua misericordia,
la sua fedeltà per ogni generazione.
(Salmo 100)
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