La bellezza è negli occhi di chi contempla

La reliquia della testa di San Giovanni Battista

La reliquia della testa di San Giovanni Battista

Arriviamo dopo aver percorso i vicoli del chiassoso suq, dove i mercanti offrono a turisti e visitatori stoffe, spezie, dolci, prodotti di pelletteria in un tripudio di colori e di profumi. Noi donne non possiamo entrare così: dobbiamo indossare lunghe tuniche grigie e aggiungere un copricapo per nascondere i capelli, guai se esce una ciocca. Entriamo nel cortile e subito si resta impressionati dalle dimensioni enormi dell’edificio: siamo nella moschea degli Omayyadi a Damasco, costruita nel 705 d.C. dal califfo Walid Ibn Abdul Malik, quando la città era capitale dell’emergente califfato e necessitava di essere impreziosita da un edificio di culto più grande di ogni altro.

Il luogo dove venne costruita era sacro già da diversi secoli: in origine ospitava il culto del dio delle tempeste Hadad venerato dagli Assiri, per poi trasformarsi in un tempio dedicato a Giove (di cui rimangono ancora tracce all’esterno) e quindi diventare, nel IV secolo d.C., la Chiesa di San Giovanni Battista.

Maestranze cristiane bizantine sono state artefici dei magnifici mosaici (in origine 4500 metri quadrati!) che ornano il portico: le scintillanti tessere in pasta vitrea con conchiglie e madreperla inserite sul fondo oro compongono paesaggi verdeggianti dal sapore così familiare che mai mi sarei aspettata di trovare qui, sui muri di una moschea.

Guardando ancora verso l’alto svettano ben tre minareti: uno è dedicato a Gesù e proprio in questo punto, secondo la tradizione islamica, egli tornerà sulla Terra alla fine dei tempi, annunciando il giorno del giudizio finale. Entrando nella moschea mi sento un po’ spaesata, così abituata alla rigida direzionalità “longitudinale” delle chiese a croce latina, che porta lo sguardo diretto all’altare: qui gli spazi sono più aperti, le persone si muovono in modo meno ordinato e non si individua subito un “centro”, anche se, alla fine, gli occhi si posano inevitabilmente sul mihrab (che indica La Mecca) e sul minbar, il pulpito, dai marmi intarsiati simili ad un merletto.

Un altro elemento colpisce lo sguardo: vicino al minbar svetta un tempietto circolare con cupola dove, secondo la tradizione, è custodita la testa di San Giovanni Battista. E così mi trovo fianco a fianco a degli sconosciuti con le loro tradizioni, il loro vissuto e la loro religione così diversa dalla mia (o forse non del tutto?) a contemplare la stessa tomba di un “comune” santo martire.

Quattordici anni dopo quel viaggio mi sento ancora una privilegiata per essere stata una delle ultime turiste a scoprire la ricchezza storica e culturale della Siria, poco prima dello scoppio della tremenda guerra civile che ha portato morte e distruzione di tutto il paese.

Arianna

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