Ho chiesto ad una amica se posso condividere un suo post, pubblicato recentemente sul suo profilo social.
Lo condivido oggi con voi che è il giorno di Natale. Per antonomasia il giorno in cui ci si scambia auguri e regali; inoltre nei giorni precedenti, credo un po’ tutti noi siamo stati sollecitati, a volte non poco, a “dare qualcosa anche ad altri”. Penso alle tante ONG che in questi giorni si prodigano per raccogliere fondi o vendendo prodotti natalizi od alle associazioni che promuovono la raccolta di regali per persone (adulti e bambini) più svantaggiate.
A proposito ormai da due anni in varie città e paesi c’è la raccolta delle Scatole di Natale: recuperare una scatola e riempirla con una cosa calda, una cosa golosa, un prodotto di bellezza, un passatempo ed un biglietto gentile. Impacchettare il tutto e mettere un’etichetta fuori per sapere a chi è rivolta.
Proprio un anno fa l’amara sorpresa di trovare dentro alcune di queste scatole, peraltro indirizzate ai ragazzi di una Comunità famiglia, “cose evidentemente usate o rotte”.
Credo quindi che la lettura di questa riflessione, che nasce dalla quotidianità di un giorno qualunque, possa esserci utile a capire che ciò che ci costa di più, e non tanto in termini economici, forse è il vero regalo da fare! Parlo infatti di tempo, attenzione, cura, nonché pensare anche cosa all’altro può far piacere.
Per la persona che amiamo saremmo poi disposti addirittura a qualsiasi cifra.
“Qualche giorno fa nei pressi del parcheggio di Vicenza mi è venuta incontro una donna, sembrava una ragazza per il corpo esile e i pochi vestiti indossati uno sull’altro per scaldarsi visto il freddo che avanza. Il suo viso però non nascondeva l’età e i segni della vita che trascorre inesorabilmente.
Una donna di nome Sara che mi chiede con un filo di voce se ho qualche spicciolo per prendere qualcosa da mangiare al distributore automatico.
Io le faccio segno di no.
Poi succede che perdiamo il biglietto del parcheggio e mio marito torna indietro a cercarlo ripercorrendo la strada fatta e tornando al bar dove abbiamo preso un caffè.
Sara si preoccupa per noi e cerca il biglietto anche lei.
Poi ci fermiamo a chiacchierare.
Chiede a mio figlio il suo nome, gli mostra il suo berretto di lana arancione con un grosso pon pon, gli chiede quanti anni ha.
Allora apro il mio zainetto e cerco la merenda che avevo portato per il piccolino, come ogni brava mamma quando si esce di casa con un bambino, e che lui non ha mangiato perché al bar ha voluto una brioche.
La porgo a Sara e mio figlio tenta di protestare perché, dice, “è mia!” e Sara sta per restituirla ma io glielo impedisco e rivolta a Samuele gli spiego che tanto a noi non serviva.
E mentre pronunciavo questa frase qualcosa dentro scricchiolava.
Ti ringrazio Sara per esserti avvicinata a me, per avermi fatto vacillare nelle mie certezze, per avermi ricordato che la solidarietà non è dare ciò che a me non serve più”
Buon Natale.
Ilaria S.
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