La tentazione di Gesù Cristo nel deserto
Ivan Nikolaevic Kramskoj
San Pietroburgo 1872/1874
Olio su tela, The Tretyakov Gallery, Mosca
Gesù è seduto su una roccia in attesa del sorgere del sole.
La linea dell’orizzonte divide la tela in due parti: il freddo deserto di pietra – da una parte, e il cielo – il mondo della luce e della speranza, simbolo di future trasformazioni – dall’altra.
Esattamente al centro della tela, al confine di questi due mondi, sono raffigurate le mani chiuse di Cristo, che, insieme al suo volto, rappresentano i centri visivi e semantici del quadro.
Qui, la zona della più grande “tensione” si concentra nel momento in cui il Salvatore accettò il destino preparato per lui.
Il Cristo tentato rappresenta la tenacia d’animo e la fortezza interiore: è il nuovo Adamo cosciente che Dio ha posto un limite al male, ed è la sua misericordia.
Osserviamo il Cristo del dipinto: incarna l’immagine della forza interiore, capace di affrontare le situazioni difficili della vita quotidiana.
Per questo il capolavoro di Kramskoj è un’opera di immenso valore: il senso ultimo passa dal deserto.
Gesù è solo: personifica il paesaggio che lo circonda.
E’ un Cristo fattosi deserto: l’essenzialità dell’ambiente roccioso avvolge Gesù tentato.
Con questo ambiente costituito da pietre Gesù deve fare i conti e dare priorità alla fame del cuore.
La tentazione oggi è di ridurre il cristianesimo a una sapienza meramente umana, quasi scienza del buon vivere. In un mondo fortemente secolarizzato è avvenuta una «graduale secolarizzazione della salvezza», per cui ci si batte, sì, per l’uomo, ma per un uomo dimezzato, ridotto alla sola dimensione orizzontale.
Noi invece, sappiamo che Gesù è venuto a portare la salvezza integrale, che investe tutto l’uomo e tutti gli uomini, aprendoli ai mirabili orizzonti della filiazione divina (Enc. Redemptoris missio, 11).
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