Eccoci all’appuntamento con la 5° parola, che a me piace molto e di cui devo molto all’AC e non solo, che si collegherà ad una delle prossime parole… oggi parleremo di PARTECIPAZIONE.
Essere parte della Chiesa, prima ancora che fare qualcosa o dire la propria o attivarsi. Essere parte vuol dire per me riconoscersi membra, sviluppare senso di appartenenza, agire come parte di un tutto più grande, in stile sinodale, appunto…
Anche Marco Colombo, autore della riflessione su questo tema presente nel libro “Insieme, dal basso” (ed. InDialogo, 2021) ormai citato le scorse volte, parte indicando sinonimi che sono “adesione, contributo, collaborazione, intervento, compromissione”.
Per lui, partecipare è AGIRE. La fede richiede una pratica, una scelta di azione, perché non basta “sposare una causa o una teoria”, questo non è fede cristiana, che non può essere paragonata a gnosticismo, ovvero “sapere tutto su Dio o Cristo”; non ci si salva tramite “conoscenza” astratta e formale e basta!
Quanto vero! Se ci penso, non mi basta “sapere” che esiste Dio, se Lui non vuole compromettersi con me e soprattutto vorrei che mi salvasse, venisse a me e mi traesse a Lui…. E a nostra volta, verremo giudicati da quanto avremo amato gli altri, quanta carità abbiamo messo nelle opere quotidianamente compiute verso i fratelli più piccoli..
Partecipare è CONTRIBUIRE. Esattamente sporcarsi le mani per i fratelli, dedizione, mettersi in gioco, fare la propria parte. Papa Francesco chiede alla Chiesa -quindi a ciascuno di noi- di “uscire” e prendere iniziativa, tutti possiamo e dobbiamo contribuire all’annuncio, perché nessuno si senta escluso.
Partecipare diventa, quindi, COLLABORARE, ovvero “fare insieme”. Le “cose buone” che ciascuno singolarmente e ogni gruppo, realtà, movimento e associazione è chiamato a fare hanno senso solo se concorrono al bene comune di tutta la Chiesa e del mondo. Mi vien proprio da dire “lodevole questa iniziativa, ma se la fai solo per i “tuoi”… ci perdiamo tutti….
La medesima cosa, vorrei dirla provocatoriamente alla “mia” chiesa: “Bello questo, ma se non è per tutti e solo per quelli “dentro”, siamo sicuri che sia buona per davvero e “serva al mondo”, nell’ottica proprio di mettersi al servizio e del camminare insieme a tutti?”.
(NB: questo vuol dire prestare attenzione a non essere autoreferenziali; non vuol dire “uniformarsi”, che tutti debbano arrivare a fare le stesse cose! Ognuno deve mantenere ed esprimere il proprio carisma, perché credo profondamente che solo la diversità di proposte arricchisce e rende bella la Chiesa, ma questo l’abbiamo già detto nelle scorse “puntate”)
Partecipare è INTERVENIRE. La Chiesa può intervenire in modo opportuno solo se conosce “le sue pecore”, se ha ascoltato i bisogni veri della gente, altrimenti le sue risposte saranno vuote e vane.
Partecipare è COMPROMETTERSI, accettare il rischio di essere rifiutato, perché si è cercato un dialogo con tutti, anche con chi la pensa in modo diverso dalla Chiesa.
Mi pare sia proprio questo tempo, così difficile di crisi, ripartenze, smarrimento, personale e comunitario, europeo e mondiale, che ci chiede di pensare a quale sia la “parte” che la Chiesa oggi ha il compito e il dovere di giocare in questo mondo… Questo invito è rivolto proprio a tutti, a partire da noi laici, spesso non consapevoli del nostro essere pienamente parte della Chiesa!
DOMANDA lasciata alla riflessione personale e comunitaria:
- Quali sono i modi praticabili di partecipazione della nostra realtà ecclesiale nel contesto di oggi?
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