Mt 13, 53-58
In quel tempo. Terminate le parabole, il Signore Gesù partì di là.
Venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i
prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda?
E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?».
Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua».
E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.
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Gesù arriva nella sua patria, torna là dove tutto è iniziato con l’annuncio dell’Angelo a sua Madre. Arriva a Nazareth. Ma partiamo dalla fine di questo brano di Matteo 13: “non fece molti prodigi”. Perché? “A causa della loro incredulità”.
Questo è il punto decisivo, quello della fede. Non è Gesù non faccia prodigi, tutto ciò che fa lo è e non potrebbe non esserlo. Sono “loro” a non riconoscerli, a non volerli riconoscere. Sono uomini e donne bloccati da un pregiudizio, così grande da essere come un macigno posto sul loro cammino impedendo di continuare ad andare avanti.
E qual è questo pregiudizio che diventa “scandalo” che fa inciampare il loro passo, che fa zoppicare la loro fede? È il fatto di aver riconosciuto Gesù come uno di loro, di cui conoscono bene la famiglia e la provenienza. Lo riconoscono come uomo, fatto di carne ed ossa come tutti, con una famiglia come tutti, che arriva dal loro stesso paese. E il fatto di riconoscerlo come uomo impedisce loro di riconoscerlo come figlio di Dio. Come può essere figlio di Dio un uomo così normale da assomigliarci? Un uomo in carne ed ossa come noi. Un uomo con tutte le sue fragilità, le sue imperfezioni, le sue ferite. Un uomo che, adesso non lo sanno ancora, addirittura verrà condannato a morte e morirà senza opporre resistenza. Un uomo, come può essere figlio di Dio?
Questi uomini e queste donne non credono che questo possa essere possibile. E, così facendo, non possono vedere il prodigio che sta davanti ai loro occhi: quello di un Dio che si è fatto uomo. Che è nato e che morirà come un uomo. Venuto a mostrare che non vi sia altro luogo dal quale partire per mostrare all’uomo che cosa sia l’Amore, se non quello delle case, delle strade, dei corsi, delle relazioni agitate dagli uomini.
Questi “loro” siamo anche noi. Siamo pronti a riconoscere e accogliere questo Dio che si fa uomo? Lo riconosceremo in quel bambino che sta per tornare nelle nostre vite? O saremo quella patria nella quale il Profeta rischierà di non essere riconosciuto?
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