Lunedì della settimana dell’ultima domenica dopo epifania

Mc 12, 13-17

In quel tempo. I capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani mandarono dal Signore Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso. Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?».

 

 

Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro:
«Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio».

 

E rimasero ammirati di lui.

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“L’uomo non può vivere senza inginocchiarsi davanti a qualcosa: se l’uomo rifiuta Dio, si inginocchierà davanti ad un idolo”. Fedor Dostoevskij.
Quello che Gesù vuole sottolineare in questo brano è che il problema non è se si devono pagare o no le tasse, ma è di fronte a chi dobbiamo inginocchiarci.
Bisogna sì pagare il tributo a Cesare, ma solo a Dio vanno rese lode e gloria.
Non ci si deve inchinare davanti ai potenti del mondo né davanti a nessun uomo, ma solo e sempre davanti a Dio.

L’ammonimento di Gesù si rivolge al cristiano perchè viva non in maniera distaccata dal mondo, ma restando nel contesto sociale in cui vive, tenendo conto che agisce come cristiano e quindi come discepolo di Gesù e non come seguace dei poteri forti.
Ai Romani spettano i tributi, ma non ciò che più conta: l’essere a immagine e somiglianza di Dio con la propria coscienza e la propria libertà.

Capite questo voi che dimenticate Dio
Perchè non mi adiri e nessuno si salvi.
Chi offre il sacrificio di lode, questi mi onora,
a chi cammina per la retta via
mostrerò la salvezza di Dio.
Dal salmo 49