Mt 26, 1-5
In quel tempo. Terminati tutti questi discorsi, il Signore Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi sapete che fra due giorni è la Pasqua e il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso».
Allora i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote, che si chiamava Caifa, e tennero consiglio per catturare Gesù con un inganno e farlo morire. Dicevano però: «Non durante la festa, perché non avvenga una rivolta fra il popolo».
#faticadeidiscepoli #smarrimento
Siamo ormai nella settimana Autentica. Mi sembra che Gesù rivolga quelle parole proprio a me. “Voi sapete che fra due giorni è Pasqua e il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso”.
La percezione e il vissuto dei discepoli è sicuramente diverso dal nostro vissuto. Dopo tre anni di vita condivisa e diversi annunci fatti, i discepoli ancora faticano a rendersi conto di ciò che accadrà (c’è chi è incredulo, chi non sopporta l’idea della separazione, chi ha ancora in mente un Messia vincitore, secondo le categorie umane …)
Noi, invece, ci troviamo ogni anno (e in un certo senso a ogni eucaristia) ad avere la possibilità di vivere l’immenso dono della sua vita.
Eppure mi chiedo se anche io, nonostante tutto, non senta un po’ di smarrimento di fronte a questo mistero, proprio come i Dodici.
La Pasqua è alle porte e la liturgia ci guida con sapienza a questo evento fondante della nostra fede.
Sto vivendo la quaresima e questi pochi giorni che mi separano dalla Pasqua con l’intensità di chi prepara il momento cardine della sua vita da credente?
Quale apostolo sarei se mi trovassi accanto a Gesù nel cenacolo, mentre pronuncia le parole “Uno di voi mi tradirà” oppure “Questo è il mio corpo, che è dato in sacrificio per voi”?
Sarò forse come Giuda, consegnando Gesù ai soldati con i miei tradimenti, la mia scarsa limpidezza, le mie pigrizie e indolenze, le mia false immagini del Signore?
Sarò forse io a inchiodarlo a quella croce perché incapace umanamente di accettare il mistero della morte o di un Dio che si fa così fragile da lasciarsi umiliare?
Sarò forse come Caifa preoccupato più delle apparenze, dell’ordine da non scombinare (“perché non avvenga una rivolta”), della routine che della ricerca della verità?
Oppure saprò essere in questo triduo, come nella vita quotidiana, quel Giovanni, che – riconosciutosi “discepolo amato” – non ha paura di accompagnare Gesù alla croce, perché più grande è il timore di rimanere senza di Lui.
Dal profondo a te grido, Signore; ascolta la mia voce.
Io osservo i tuoi insegnamenti
e li amo intensamente.
Osservo i tuoi precetti e i tuoi insegnamenti: davanti a te sono tutte le mie vie.
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