Carissimi, mai come quest’anno, avverto tutta la serietà e il sacrificio che il Natale racchiude in sé.
Quel Bambino non ci suscita solo il sorriso sul volto, ma ci origina anche le lacrime. Spesso abbiniamo il Natale a gioia ed allegria, quella gioia che nei paesi ricchi è espressa dalle lucine, dalle musiche natalizie e dai regali. Qui in Guinea Bissau niente di tutto questo. E niente di tutto questo anche per molti uomini, donne e bambini dell’Ucraina e di altre parti sfortunate del mondo che neppure conosciamo, terre di cui nessuno parla, ma che sono piene di storie come quella di Gesù Bambino che ha avuto la sola sfortuna di nascere in una terra segnata dall’ingiustizia e dall’oppressione.
Quest’anno, augurandovi un buon Natale, voglio ravvivare insieme a voi la speranza, la speranza soprattutto per quei bambini sfortunati, a cui è capitato solo di nascere, come è successo a Gesù Bambino, in una terra più sfortunata.
Come non ricordare in questi giorni i tanti bambini che fuggono dall’Africa con le loro mamme sui famosi barconi della speranza. Come non ricordare i tanti bambini Ucraini che questo Natale non vedranno né regali, né lucine, ma sentiranno il rumore delle bombe e dei razzi e moriranno dal freddo, come Gesù Bambino, senza una casa, al freddo e al gelo.
La storia di Gesù sembra ripetersi ancora oggi in tanti bambini a cui è capitato semplicemente di nascere fuori dai paesi belli e ricchi del così detto “primo mondo”.
Non voglio sprecare parole (già ne ho usate troppe!), ma insieme a voi rinnovo la speranza di un futuro migliore per questi nostri piccoli.
Noi missionari siamo qui. Abbiamo lasciato ciò che ci è più caro, i nostri cari, e siamo qui in mezzo a loro.
Cari amici e amiche, non pensiate che questo “stare qui” sia semplice e facile.
Vi parlavo della sofferenza. La si sente quaggiù, come dicevo all’inizio, e sembra quasi inevitabile per noi cristiani.
Carissimi, il donarsi, il restare fa gioire ma anche soffrire.
Donare tutta questa mia vita in modo così nascosto e apparentemente senza frutti, donarmi e stare, a volte pensando che tutto questo sacrificio sia inutile, mi fa ricordare la sofferenza di Gesù Bambino. Nonostante tutto, ravvivo con voi la speranza, ravvivo la speranza perché questo Bambino, dopo tanto soffrire, risorgerà.
Per questo Bambino sono qui, e questo stare qui è la concretezza del Natale. Questo stare qui è il regalo che faccio a Gesù.
Eccomi qui e grazie alla vostra generosità, posso seminare gesti concreti di speranza, come quello di permettere ad uno di questi piccoli di andare a scuola. Sarebbe un diritto, ma in Africa non è così scontato.
I nostri bambini del catechistato li vediamo tutti felici e contenti quando devono andare a scuola e quando ritornano dalle lezioni. Devono camminare per 4 o 5 km, ma li vediamo sempre contenti. È un loro diritto, e grazie a voi lo rendiamo possibile questo diritto.
Quest’anno siamo particolarmente contenti, perché proprio in questi giorni, abbiamo iniziato, qui nel Catechistato Interdiocesano “Beato Isidoro Bakanja”, i lavori di costruzione dell’asilo, per i figli delle nostre coppie di sposi qui in formazione, e per i bambini del villaggio di Nloren e dintorni, in cui non esiste un asilo. I nostri bambini, fino ad oggi, fanno l’asilo sotto un semplice gazebo.
Finalmente quest’anno, arriva un vero e proprio asilo. Un regalo più bello e più intelligente non poteva capitare!
È proprio un regalo e un segno di speranza per questi bambini della Guinea Bissau!
Carissimi, vi auguro un Buon Natale e un Felice anno 2023.
p. Franco
Nloren, 16 dicembre 2022
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