Giovanni 18, 33c-37
In quel tempo. Pilato disse al Signore Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?».
Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?».
Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?».
Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
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Subito colgo tre provocazioni dalle letture di oggi.
Prima di tutto, è necessario usare ancora questa formula di “Cristo Re dell’universo”? Non è un po’ obsoleta per noi occidentali del XXI secolo? La seconda è la sfrontataggine di Pilato che con la sua domanda diretta arriva al cuore della questione dell’identità di Gesù.
Oggi devo cercare di dare un significato alla regalità di Cristo: quando uno è “re” oggi? Nessuno di noi comuni possiede un regno, ma il nostro modo di intendere la “vita da re” credo equivalga a decidere in autonomia, stabilire noi le leggi, ciò che è giusto e possiamo fare, godere di tutta la libertà, non avere nessuno sopra di noi…. Tutte cose irrealizzabili, anche per un vero re, se ci pensiamo!
Allora essere re per Gesù è un’altra cosa: avere a cuore le persone che gli sono state affidate, dirigere verso la giustizia, non far mancare il necessario a nessuno, fare in modo che ci sia la pace… Abbiamo ancora bisogno di un Re così, di ricordarci che il nostro Dio è Creatore e Signore del mondo, che tutto ciò che esiste ha un fine buono nel Suo cuore perché pensato con intelligenza e ordine e in qualche modo è fatto buono anche per noi!
Allora forse per noi ha senso chiederci chi è Gesù Cristo per noi, chiediemocelo noi – come ha fatto Pilato-, chiediamo a Lui di illuminarci, senza paura di mostrargli le nostre incertezze e dubbi. Abbiamo il coraggio di porci le domande scomode! Noi chi serviamo? Abbiamo altri “re” (noi stessi, lavoro, quieto vivere, comodità, nostro benessere…) che dominano la nostra esistenza?
(Peccato il brano del vangelo sia stato privato del v.38 “Che cos’è la Verità” chiede Pilato!)
Consapevoli che il Regno di Dio non è di questo mondo (Gv 18,36), non è nemmeno coincidente con la Chiesa, ma si trova in modo stabile in un’altra dimensione, quella spirituale, quella del “cuore” dove Dio regna davvero (è un “re di cuori“, non di spade nè denari!), invochiamo lo Spirito di Dio che ci apra le labbra alla lode, come quella del nostro “fratello Primogenito”, nei confronti del Padre Buono che ci dona la vita, ci custodisce, ci preserva col Suo Amore, perché anche noi possiamo iniziare a dare vita al suo regno di verità, di misericordia, di fraternità qui, ogni giorno, in ogni luogo della terra che abitiamo.
Noi siamo chiamati a collaborare con Dio, perché smetta l’odio e la violenza, l’ingiustizia, la povertà, scegliendo di compiere piccoli gesti “da re”, offrendo il nostro aiuto alle persone che hanno bisogno di noi, prendendoci cura del fratello e della sorella che rimarrebbe indietro: così seguiamo davvero le orme del Dio di Israele che ha camminato a fianco del suo popolo nel deserto (2 Sam 7). Un Dio “senza fissa dimora” ma che ha scelto di abitare una tenda per essere VICINO al suo popolo nel cammino.
Ultima provocazione: forse dobbiamo iniziare anche noi a pensare che Dio sta soprattutto fuori dalle chiese e cammina in mezzo alla gente nella piazza del mercato, nei parchi coi giovani, sulla metropolitana coi lavoratori pendolari, nei corridoi delle nostre case?
La parola rivolta a Davide “Sono stato con te dovunque sei andato” (2Sam 7,9) è la Bella Notizia per noi oggi!
Buona festa “da re”!
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