Lc 23, 36-43
Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell’aceto, e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso».
C’era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei.
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». Ma l’altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di
male». E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno».
Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso».
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Leggendo questo brano di Vangelo il primo pensiero che mi viene alla mente è quello di soffermarmi sulla croce: essa, segno con cui Gesù si congeda da questo mondo, è il simbolo della salvezza per l’umanità intera. La croce è per il cristiano l’albero della vita, è speranza, parla della verità attraverso la quale, con la sua resurrezione, Cristo ha vinto la morte.
L’altra nota importante che mi sembra di cogliere è il tema della misericordia: essa ci conduce al cuore stesso della conversione. Gesù non salva se stesso, ma gli altri; questa è la logica dell’amore: donare, spendersi per il prossimo.
Pensando al tema dell’incontro che avviene in queste righe, mi sembra che si ponga l’accento su questo concetto: vivere è anche morire; vivere è addirittura svuotarsi, in quanto il mondo è rinnovato dalla forza della croce. Capovolgendo il nostro modo di pensare, noi riusciamo a beneficiare di questo dono nel momento in cui usciamo dallo schema di salvare noi stessi e “diamo tutto” nelle relazioni.
– Qual è il mio atteggiamento di fronte alla sofferenza di qualcuno?
– Quale tipo di preghiera vivo nella quotidianità: per me stesso o secondo il cuore di Dio?
– Che cosa significa per me la croce?
Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissate,
che cosa è l’uomo perché te ne ricordi
e il figlio dell’uomo perché te ne curi?
(Salmo 8)
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