La bellezza è negli occhi di chi contempla

Ospitalità e accoglienza

Ospitalità e accoglienza

Vivo ad Aicurzio. Ad Aicurzio c’è un piccolo santuario chiamato santuario di Campegorino. La festa di Campegorino è il 3 maggio ma si festeggia ufficialmente la prima domenica del mese. In quell’occasione molti aicurziesi, anche quelli che da svariati anni non vivono più in paese, si ritrovano sotto gli alberi del viale che conduce al santuario a celebrare una tradizione ancora salda. La Bella Notizia che voglio condividere c’entra con il motivo che spinge molti dei miei compaesani a rinnovare questo appuntamento,

Il santuario è stato costruito sul luogo di un miracolo. Lo racconto così come mi è stato tramandato e come io stesso lo ripeto da anni ad amici e conoscenti. Secoli fa, intorno al ‘700, una banda di mercenari si stava dirigendo verso il paese. Se fossero entrati, avrebbero sicuramente devastato il piccolo villaggio e ucciso uomini, donne e bambini. Sembrava che non ci fosse nessuna speranza ma all’improvviso, davanti a questo gruppo di mercenari, apparve una numerosa e ordinatissima schiera di soldati, un esercito ben armato e organizzato. I banditi si spaventarono e corsero via. In seguito, qualcuno scavò in quel luogo e vi trovò una croce, la croce di Campegorino. Per custodirla, venne costruito il santuario.

Non credo che le persone ritornino ad Aicurzio perché intimamente certe della veridicità di questo racconto. Non credo che, se qualche storico o scienziato dimostrasse l’inesattezza dell’evento – nessuno l’ha fatto per ora – la fede degli aicurziesi ne subirebbe un grande danno. In poche parole, non credo che qualcuno torni ad Aicurzio per il miracolo in sé. Allora perché la festa di Campegorino, anche chiamata di Santa Croce, continua a essere una festa così sentita dalla comunità? Per fugare ogni dubbio, non ci sono grandi festeggiamenti o eventi mondani; qualche bancarella nel parcheggio ma nient’altro. Quindi, da cosa le persone sono richiamate?

Forse – e questa è la Bella Notizia – la risposta sta nel sentirsi protetti. Protetti nel senso che qualcuno si cura di noi. Qualcuno si cura di noi nel senso che è ospitale e ci accoglie. Ospitalità e accoglienza non impediscono o interrompono dolore e sofferenza, ma le rendono affrontabili e sopportabili. Ospitalità e accoglienza non per forza sono la fonte delle nostre gioie, ma sicuramente ci permettono di gustarne appieno la dolcezza quando queste gioie vengono condivise.

Io credo che gli aicurziesi tornino a Campegorino perché sentono che in quel luogo sono protetti, che in quel luogo qualcuno – Dio sulla croce ­– spartisce con loro il buio e la luce. Del resto, siamo figli. Sappiamo che un ginocchio sbucciato non è meno doloroso perché la mamma ci dà un abbraccio; eppure, è meno doloroso. Sappiamo che un gelato non è più buono perché lo mangiamo su una panchina con papà; eppure, è più buono. Vogliamo questo e lo troviamo a Campegorino: un abbraccio nel dolore, compagnia nella gioia.

Andrea

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