S. Giuseppe e festa del papà
(Mission Possible)
Carissimi tutti,
di seguito vi consegno qualche frammento di storia personale.
Per molti l’esperienza di papà comincia alla nascita, si proprio al momento del parto. È il 14 febbraio del ’91 la mattina verso le 7,30 quando Alberto (mio terzo figlio) viene alla luce, dopo il primo vagito di rito, l’infermiera mi dice “lo prenda lei così lo lava, lo pesiamo e poi lo metterà nella culla”! Panico, stupore ed un misto di mille emozioni ovunque cuore, mente e corpo!
L’infermiera mi guarda, comprende la mia emozione e mi aiuta. È questo momento l’inizio di una responsabilità che non ti lascerà per tutta la vita (ed oltre); i pannolini, i sorrisi, gli abbracci, le mani tese alla ricerca di aiuto conforto, le gioie dei successi ed i tanti perché, a raffica per ogni cosa.
Domande a cui è sempre più difficile risponde man mano che crescono; una scelta importante, fatta con Linda, è stata quella della scuola; Santa Gianna Beretta Molla, per gli ultimi tre figli e poi le medie dai padri Somaschi di Corbetta per Alberto e Nicoletta.
La responsabilità comunque ti rimane addosso, ma ti rendi conto che serve una comunità che ti aiuti nella tua educazione di padre per poter poi educare i figli. Don Gerolamo (mio ex parroco) diceva: “Occorre prima diventare figli per poi poter essere padri”; l’ho compreso un po’ di tempo dopo.
Delle tante festa del papà un regalo che conservo è un segnalibro: “19 marzo 97 al mio papà Nicola un grosso bacione da Nichi”.
Mia mamma poco prima di lasciarmi mi disse: “Quattro figli . . . non sai quanto dovrai pregare!”
Allora durante i battesimi quando consegniamo la candela, qualche volta ai genitori ho detto: “Vi capiterà di accenderla e pregare perché non saprete cosa fare o dire”.
II modo di essere papà cambia con l’età e da testimonianza/esempio, nella prossimità quotidiana, diventa più esortazione, direzione nelle varie scelte della vita, poiché i figli hanno una loro autonomia.
Quello del papà è un difficile equilibrio che passa dalla richiesta di obbedienza “onora tuo padre e tua madre” alla posizione: “E voi, padri, non esasperate i vostri figli, ma fateli crescere nella disciplina e negli insegnamenti del Signore.” (Ef 6,4)
Dopo un po’ di anni si arriva, grazie a Dio, ad essere nonni (o papà al quadrato se preferite) e si capisce un po’ di più Dio, occorre esserci ma non esserci, dire senza interferire nella libertà educativa figli e così via . . . ma questo sarà argomento per una prossima volta.
Penso a Giuseppe, anche lui ha tenuto in braccio Gesù alla nascita, cosa avrà provato?
Riassumo la sua presenza nei Vangeli con l’aiuto di alcune parti della “Patris Corde”:
Ebbe il coraggio di assumere la paternità legale di Gesù nel Tempio, . . , offrì il Bambino al Signore e ascoltò sorpreso la profezia che Simeone fece nei confronti di Gesù e di Maria.
Per difendere Gesù da Erode, soggiornò da straniero in Egitto. Ritornato in patria, visse nel nascondimento del piccolo e sconosciuto villaggio di Nazaret in Galilea.
Durante un pellegrinaggio a Gerusalemme, smarrirono Gesù dodicenne, lui e Maria lo cercarono angosciati e lo ritrovarono nel Tempio mentre discuteva con i dottori della Legge.
Alcuni momenti sono accompagnati dal Signore in modo documentato; e negli altri? S. Paolo VI a pagina 3 della lettera, risponde in modo esaustivo.
Grazie, infine, per la festa del papà e chiediamo a San Giuseppe di accompagnarci in questo compito complesso ma insostituibile per l’umanità intera.
Nicola, Diacono presso Magenta
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