..da pochi giorni abbiamo festeggiato la ricorrenza della Repubblica Italiana; diamo voce ad una famiglia italiana all’estero!
Dopo tanti anni in Italia spesi ad interessarmi dei migranti, cinque anni fa mi si è capovolta la prospettiva. Una telefonata, una proposta di lavoro, la speranza di offrire un avvenire migliore a nostro figlio, ci hanno spinto a fare le valigie e partire. La mia famiglia è senza dubbio una famiglia migrante privilegiata, perché abbiamo potuto scegliere noi dove e come vivere. Eppure a volte basta spostare di poco la prospettiva, e tutto cambia.
Io e mio marito, forti di tante esperienze di viaggi in terre lontane e di un periodo passato in Africa, siamo partiti sereni: dalla verde Brianza alle campagne inglesi del Wiltshire, il passo è breve … Almeno in apparenza.
Invece, sono successe parecchie cose: la Brexit, cinque traslochi in cinque anni, siamo diventati una famiglia composta da 4 persone, la pandemia … Soprattutto ci siamo confrontati (e a volte scontrati) con la cultura inglese e la sua lingua.
Ebbene sì, nonostante i tanti anni di inglese fra i banchi di scuola, non e’ semplicissimo padroneggiare la lingua e la cultura del luogo in cui abbiamo scelto di abitare. Ci si arricchisce giorno per giorno vivendo la quotidianità inglese, da italiani. La nostra vita è semplice e fondata sulla famiglia: ci svegliamo la mattina cercando di capire come sarà il variabilissimo tempo atmosferico, accompagniamo i bambini all’asilo e a scuola e ci si reca in ufficio.
La rete di relazioni che siamo riusciti a costruire è prevalentemente costituita da altri italiani o altri immigrati: nonostante siamo persone socievoli, è difficile aggiungersi alle relazioni già consolidate di persone inglesi e le differenze culturali e di stile relazionale, seppur apparentemente piccole, si sentono.
Parlando di Fede e vita parrocchiale, la Messa domenicale è l’unica proposta per i lavoratori, non ci sono incontri formativi e riunioni serali. Ci sono molte più confessioni cristiane. Prima della pandemia, se capitava di fare qualche gita la domenica, dovevamo controllare dove fosse la chiesa cattolica, per non capitare in una chiesa anglicana, battista, evangelica … Dovrebbero esserci degli incontri ecumenici proposti periodicamente, ma non abbiamo mai capito come funzionano.
Perché la porta accanto a volte pare lontana anni luce. Tante piccole differenze che in alcuni momenti sembrano enormi. E allora, pur da privilegiati, ci si sente migranti fino in fondo.
Non abbiamo bisogno di aiuti materiali, ma che qualcuno ci chieda come stiamo, che ci inviti a far parte della comunità, spiegandoci come funziona o chiedendo come funzionano le cose da dove veniamo. Mi sono chiesta molte volte se io in Italia sono stata accogliente davvero, se lo sono le nostre comunità, non solo coi migranti, ma anche con chi si presenta per la prima volta alla nostra porta. A volte basta poco. Gli scambi sono sempre arricchenti, per entrambe le parti. E ogni porta, vicina o lontana, si apre su un mondo diverso, capace di arricchire il nostro universo.
Maria (from GB)
1 comment
Marta
09/06/2021 at 2:04 pmBella riflessione. Sapevo che non è facile per uno straniero, anche se non necessariamente migrante, inserirsi nella comunità inglese. Questa testimonianza mi ha dato conferma e mi fa riflettere anche su come noi e la nostra società accogliamo gli stranieri. Sono d’accordo con l’amica che ha scritto che le differenze ci arricchiscono. Purtroppo ci scontriamo sempre più con una realtà sociale che non lo ha ancora capito.