La bellezza è negli occhi di chi contempla

s. Elisabetta di Portogallo

s. Elisabetta di Portogallo

Lc 6, 39-45
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:

 

«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso?

 

Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.

 

 

Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.

 

 

Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono.

 

Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo.

 

 

L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».

 

C’è un modo di avvicinarsi alla debolezza dell’altro che induce a criticare, senza accorgersi che è più facile proiettare sugli altri il nostro lato debole che riconoscerlo in se stessi: ciò che condanniamo per gli altri lo scusiamo per noi.

Questa è la tentazione di voler entrare nell’errore dell’altro, illudendo se stessi che lo si fa per aiutare, per correggere. Questo atteggiamento lo collocherei all’interno di uno dei sette vizi capitali che comprende tanti altri errori: l’orgoglio.

Non ci si rende conto che il motivo vero e proprio non sono la preoccupazione e la solidarietà verso il prossimo, ma l’affermazione che quello che di sbagliato c’è in noi è meno grave di quello che c’è nell’altro, convinti che siamo superiori a certi inciampi.

Il nostro occhio e il nostro cuore sono malati.

Proprio perché cristiani praticanti e magari impegnati, siamo preoccupati di quello che dobbiamo fare per Dio, anche per quanto
riguarda la correzione fraterna, rischiando di non vedere tutto quello che Lui fa per noi.
Se lo vedessimo e lo comprendessimo, il nostro cuore avrebbe trovato il suo “ buon tesoro” da cui trarre fuori il bene. Forse potremmo addirittura essere utili ai nostri fratelli.

Talora siamo mossi dalla passione, e la prendiamo per zelo;
rimproveriamo negli altri piccole cose e passiamo sopra a quelle più grosse, commesse da noi.
Chi riflettesse bene e a fondo su sé stesso, non giudicherebbe severamente gli altri.
L’uomo interiore, prima di occuparsi di altre cose, guarda dentro di sé;
e, intento diligentemente a sè stesso, é portato a tacere degli altri.
Solamente se starai zitto sugli altri, guardando specialmente a te stesso,
giungerai a una vera e devota interiorità.
(Da “L’imitazione di Cristo”)

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