La bellezza è negli occhi di chi contempla

s. Giovanni Crisostomo

s. Giovanni Crisostomo

Lc 17, 7-10

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando
rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai
fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”?

 

Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?

 

 

Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

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Forse all’epoca di Gesù quello era il comportamento normale di un padrone di servi. Ma diciamocelo: noi non faremmo certo come quel “padrone” che tratta così sgarbatamente i suoi dipendenti. Oggi poi l’opinione comune è che le gratificazioni servono e fanno bene a chi le riceve.
Gesù è d’accordo con quell’atteggiamento? Non pensiamo proprio. Forse semplicemente riconosce un dato di fatto circa i rapporti tra le persone.

Comunque ci dice che noi siamo servi, e per di più inutili. Non sembra certo gratificante!

In effetti, chi ha autorità deve viverla come servizio; un genitore nei confronti dei figli è a loro servizio e non lo fa aspettandosi da loro un riconoscimento.
In effetti, chi ama dà tutta la sua vita per l’amato gratuitamente, senza aspettarsi di ricevere qualcosa in cambio da lui.
In effetti, noi non siamo padroni di niente: tutto ci viene dato come dono, senza averlo meritato.
A noi spetta solo riconoscere questi doni e aver fiducia nel Signore che ce li offre.

L’atteggiamento che il Signore ci chiede in questa pagina lo vediamo messo in pratica da Maria: Ecco, io sono la serva del Signore (Lc 1, 38). (parole riprodotte nell’immagine)

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