Lc 11, 31-36
Il Signore Gesù diceva alle folle: «Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone.
Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Ninive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona.
Nessuno accende una lampada e poi la mette in un luogo nascosto o sotto il moggio, ma sul candelabro, perché chi entra veda la luce. La lampada del corpo è il tuo occhio. Quando il tuo occhio è semplice, anche tutto il tuo corpo è luminoso; ma se è cattivo, anche il tuo corpo è tenebroso.
Bada dunque che la luce che è in te non sia tenebra.
Se dunque il tuo corpo è tutto luminoso, senza avere alcuna parte nelle tenebre, sarà tutto nella luce, come quando la lampada ti illumina con il suo fulgore».
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La pagina di Vangelo di oggi ci sprona a riflettere e a mettere al centro della nostra vita una parola: “Luce”.
Gesù ci ricorda che siamo chiamati a lasciarci illuminare dalla Sapienza del Signore per poter fare discernimento nelle scelte di ogni giorno. Un invito a chieder un cuore che sia disponibile a lasciarsi plasmare per poter compiere la sua Volontà. Riecheggia la preghiera di Salomone il quale si rivolge al Signore con queste parole: “Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male” (1Re 3,9), ascoltata domenica.
Il brano è un invito a lasciarsi trasformare dalla Luce di Dio, a permettere che ci trasfiguri con il suo Amore incondizionato, soprattutto negli ambiti in cui facciamo più fatica, nelle relazioni più difficoltose, nelle situazioni che ci fanno particolarmente soffrire. Don Claudio Campa afferma che
«Le nostre fragilità possono diventare feritoie dove passa la luce, un tabernacolo in cui parla Dio». (Rivista Sovvenire – Giugno 2022).
L’invito che ci viene fatto è di non lasciarci vincere dalla disperazione perché, anche laddove le tenebre sono più oscure, siamo chiamati a irradiare l’Amore di Dio nel mondo diventando noi stessi, con i nostri piccoli gesti, i nostri sorrisi e le parole di accoglienza, testimoni di speranza; una sfida impegnativa che ha però come premio la nostra felicità, perché anche al centro della tempesta troveremo la pace che solo il Signore può darci.
Essere candele nel buio per affermare la consapevolezza che il Signore Gesù è proprio lì nelle nostre piaghe e nei problemi che ci assillano, sicuri che Lui mai ci abbandona. Ne ha dato testimonianza Padre Massimiliano Kolbe, di cui nella liturgia ambrosiana facciamo oggi memoria, che nelle tenebre di Auschwitz ha dimostrato che si può irradiare la Luce di Dio: là dove l’umanità è stata umiliata, lui è morto per amore donando la sua vita per salvare quella di un altro prigioniero. Un gesto enorme che ci mostra come se ci affidiamo completamente a Dio è possibile compiere per Amore gesti straordinari.
Facciamo nostre le parole di una strofa di una preghiera rivolta a San Massimiliano Kolbe:
Martire d’amore, che nell’oscurità del male
hai avuto il coraggio di dare la vita
per salvare un padre di famiglia,
insegnami ad offrire ogni mia azione
per amore di Dio e dei fratelli. Amen
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