La bellezza è negli occhi di chi contempla

S. Massimiliano Maria Kolbe

S. Massimiliano Maria Kolbe

Luca 12, 49-53
In quel tempo il Signore Gesù disse: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!

 

 

Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione.
D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

Nella sezione precedente del Vangelo di Luca, Gesù ha presentato ripetutamente due atteggiamenti opposti derivanti dal ritardo del ritorno del padrone. Ora sottolinea che il ritardo non autorizza alcun rimando delle scelte: esse sono urgenti.

Gesù afferma di essere venuto a portare fuoco sulla terra: il fuoco può essere l’immagine del giudizio finale, ma soprattutto dello Spirito della Pentecoste. È un’immagine dirompente, come dovrebbe essere il ritmo della nostra vita dopo aver incontrato il Signore.

Gesù, infatti, sembra non lasciare tempo per l’indecisione, perché afferma che vorrebbe che il fuoco fosse già acceso e si dice angosciato nell’attesa. Egli ha portato sulla terra il fuoco dello Spirito, il fuoco del Vangelo; egli attende con trepidazione il Battesimo di sangue della sua morte.

Di fronte a ciò ci è chiesta una scelta radicale: adesione o non adesione alla sua Parola (i “tiepidi” verranno vomitati, dice l’Apocalisse), anche se la radicalità può costare fatica e suscitare impopolarità, anche se la coerenza può essere un andare controcorrente.

Perché anche di fronte alla sua morte in croce e resurrezione non abbiamo il coraggio di scelte radicali? Perché anche quando sappiamo qual è il vero bene temporeggiamo e non ci lasciamo guidare dallo Spirito?

Per esempio, la pandemia sopraggiunta mi ha spinto a vivere alla luce di Cristo o è diventata una scusa per l’immobilismo, per il raffreddamento di alcune relazioni, per l’egoismo?

Se l’incontro con Cristo per noi è stato fuoco dirompente, fuoco d’amore, non possiamo tenerlo per noi, né soffocarlo. S. Ignazio di Loyola disse ai suoi compagni: “Andate (ad annunciare il Vangelo) ed incendiate il mondo”.
Papa Francesco, commentando questo brano di Luca, ci ricorda che lo Spirito deve divampare a partire dal cuore, perché solo partendo dal cuore, non dalla testa, lo Spirito divino può diffondersi e far progredire il Regno.

La dimensione della radicalità mi ha fatto tornare in mente un vecchio libro di L. Accattoli “Io non mi vergogno del Vangelo” che inizia così:

“È possibile per una donna e un uomo del duemila mettere su casa e avere figli con i sentimenti che furono di Gesù? Noi siamo sicuri che sia possibile, confidando nella Parola del Signore, che ha promesso di restarci vicino fino alla fine dei tempi … Il cristiano non fugge dal mondo, ma non mette radici. Egli è l’uomo del distacco … un distacco che non è rinuncia ma libertà.”

Chiediamo al Signore di aiutarci a vivere quella radicalità, quel distacco da ciò che non conta davvero, per portare nel mondo l’essenziale, per diffondere il suo Spirito, per mostrare a tutti il fuoco che è in noi da quando lo abbiamo incontrato.

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