Giovanni 10,14-18
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai farisei: «Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il
potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
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Gesù qui si propone come il “pastore buono” cioè come il pastore secondo il cuore di Dio. Innanzitutto, perché capace di “dare la propria vita per le pecore” La prima qualità del pastore buono non si esprime solo in un’azione, ma in un atteggiamento che è alla base della bontà e dell’efficacia di tutte quelle azioni di cura concreta con cui egli assisterà le sue pecore. “Dare la vita” è infatti un’espressione che si ripete come un ritornello e che in questi pochi versetti leggiamo tante volte. Gesù è il pastore buono perché ha dato e continua a dare la propria vita per il gregge. La sua capacità di “nutrire” il gregge, di prendersene cura senza servirsene, ha qui la sua origine.
Gesù si prende davvero cura del gregge. Una cura possibile grazie all’intima conoscenza tra il pastore e le pecore: “Conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me”. Una conoscenza che dice autenticità di relazione, partecipazione alle vicende dell’altro, cioè compassione.
Ma mentre si prende intima cura delle pecore vicine, pensa e porta nel cuore quelle lontane.
Ecco, quindi, la figura di un Padre Pastore buono. Si tratta di un pastore che vede lontano, che va oltre ed è capace di uno sguardo che sa andare oltre i recinti che noi esseri umani costruiamo e nei quali spesso ci rinchiudiamo. Gesù ci ama molto, pensa a noi e si preoccupa.
Ma noi pecorelle ci lasciamo “curare” ? Ci affidiamo a Lui?
Il Risorto è il pastore buono che dimora tra i suoi per consegnare loro, ogni giorno, la vita che è in lui,
perché anch’essi possano viverne e vivere in pienezza.
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