Lc 18, 28-30
Pietro disse: «Noi abbiamo lasciato i nostri beni e ti abbiamo seguito».
Ed egli rispose: «In verità io vi dico, non c’è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà».
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Questo brano di Vangelo arriva dopo il brano del giovane ricco, in cui Gesù chiede al suo discepolo di vendere tutto, darlo ai poveri e seguirlo. E’ a questo punto che Pietro realizza quello che loro hanno fatto: “Gesù” -sembra dire- “noi non siamo certo perfetti, non ti abbiamo ancora capito in fondo, ma, zoppicando, ti abbiamo seguito”. Gli apostoli non erano perfetti, erano proprio come non lo siamo noi oggi.
Nella sua risposta Gesù sembra richiedere un’adesione quasi impossibile. Lasciare proprio tutto: la casa, i beni, perfino la famiglia.
La domanda che dovremmo porci è: in che modo ci rapportiamo ai nostri beni? Se ci attacchiamo ad essi in modo possessivo, se li consideriamo il fine principale della nostra vita, allora non stiamo seguendo Gesù. Vale anche per le nostre relazioni: le persone che noi amiamo, compresi i nostri figli, non sono un nostro possesso. Se li trattiamo come tali, non li stiamo amando e alla fine li perderemo.
Pensiamo anche al mondo, all’ambiente: lo trattiamo come una nostra proprietà, sfruttando il più possibile le sue risorse? o lo consideriamo come un dono, di cui noi siamo amministratori, con il compito di restituirlo migliore di come lo abbiamo trovato? Riflettiamoci in questo Tempo del creato…
Cos’è il “molto di più” che Gesù promette? E’ l’Amore di Dio. La consapevolezza di essere amati, a prescindere da qualunque altra cosa. I nostri doni, i nostri affetti, mediano questo amore e come tali dovremmo viverle: non come proprietà, ma alla luce di un Amore più grande.
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